Come ad ogni inizio mese analizzo i consueti report di digital marketing per i clienti e mi accorgo subito di alcune anomalie nel traffico.
Lo confesso, non avevo dato troppo peso ai problemi sollevati degli esperti della data analytics dei mesi scorsi, poi sollevato da tutti gli altri: il problema riguarda l’attribuzione del traffico e delle conversioni in Google Analytics 4 (GA4).
Il problema è stato sollevato già a fine maggio nella community di Google, Analytics Help, qui.
Prima di trovare conferma in ciò che ipotizzavo, ho perso un paio di ore a capire cosa fosse accaduto, poi incrociandolo con altri tools di analytics ho rapidamente risolto passando al piano B.
Cosa è successo a GA4?
Il problema principale risiede in un’anomalia di attribuzione che ha portato trasferimento ed un incremento insolito del traffico e delle conversioni attribuite alla sorgente “Direct” e ai valori “Unassigned”.
Questo significa che il traffico che in passato veniva correttamente attribuito a campagne specifiche ora viene erroneamente categorizzato come “Direct” o “Unassigned”, rendendo difficile capire quali canali di marketing hanno effettivamente generato conversioni.
Se le conversioni precedentemente erano attribuite a “google / cpc” (campagne Google Ads a pagamento) queste hanno visto una diminuzione a favore del traffico diretto, aumentato senza una ragione apparente. Questo problema di attribuzione ha reso complicato calcolare con precisione il ROI delle campagne online, sfasando report automatizzati e ritardando le attività di ottimizzazione del budget, come pure le strategie basate su di esse.
Solitamente le principali categorie di cause del problema di attribuzione in GA4 sono due: le prime riconducibili principalmente all’errore umano in sede di configurazione dei tracciamenti, sempre più complessi a causa degli adempimenti aggiuntivi connessi al GDPR (da ultimo il caso della Consent Mode v2.O), le secondo attribuite a malfunzionamenti della piattaforma stessa, bug o errori introdotti da aggiornamenti del sistema.
Più analiticamente come precisa Himanshu Sharma, le cause possono essere anche 21. Se nessuno di rispondono al tuo caso allora prosegui nella lettura.
Il primo aggiornamento, rilasciato il 10 giugno 2024, era volto a migliorare i modelli di attribuzione delle conversioni nelle campagne di Google Ads. Tuttavia, subito dopo, molti utenti hanno notato un aumento del traffico erroneamente attribuito come “Direct”, indicando che l’aggiornamento aveva introdotto un bug che influenzava negativamente l’attribuzione.
Quelli successivi sono stati un tentativo di risolvere questi problemi, ma ha avuto un impatto limitato nel correggere la situazione.
L’Impatto sul Marketing e sull’Analisi dei Dati
Questo problema di attribuzione in GA4 ha avuto conseguenze critiche per i marketer:
Analisi compromessa: Diventa estremamente difficile valutare le performance delle singole campagne su GA4, oscurando la visibilità sui canali di marketing più efficaci.
Ostacoli all’ottimizzazione: Senza dati affidabili, l’ottimizzazione delle strategie di marketing diventa un esercizio rischioso, piuttosto che una pratica basata su dati affidabili.
Inefficienza del budget: La mancanza di dati precisi rende difficile la distribuzione ottimale del budget tra le varie campagne e i diversi canali.
Reporting inaccurato: I report generati con questi dati compromessi possono portare a conclusioni errate e decisioni strategiche potenzialmente dannose.
Soluzioni al Problema di Attribuzione in GA4
Strategia A Breve Termine
Mentre Google lavora a una soluzione definitiva, ci sono diverse misure che i marketer possono adottare per mitigare il problema:
Implementazione manuale degli UTM: Inserire manualmente i parametri UTM in tutte le campagne Google Ads, mantenendo attivo l’auto-tagging, può aiutare a migliorare la precisione dell’attribuzione.
Doppio controllo dei dati: Confrontare i dati di GA4 con quelli di altre piattaforme (ad esempio, Google Ads) per individuare discrepanze e garantire un’analisi più accurata.
Comunicazione trasparente con i clienti: Informare i clienti della situazione e spiegare le potenziali imprecisioni nei report aiuta a gestire le aspettative e mantenere la fiducia.
Uso di BigQuery: Esportare i dati grezzi in BigQuery per creare report personalizzati che calcolino le attribuzioni corrette canale per canale può essere una soluzione efficace per identificare eventuali anomalie o errori di attribuzione.
Strategia A Lungo Termine
Per evitare futuri problemi di attribuzione e garantire un’analisi dei dati solida, parlo di resilienza e indipendenza da Google già da tempi non sospetti, per un approccio data driven strategico e flessibile, occorrono:
Data Lake proprietario: Implementare un Data Lake che aggreghi dati da diverse fonti (GA4, piattaforme pubblicitarie, CRM, ecc.) per ottenere una visione più completa e flessibile.
Sistema di attribuzione alternativo: Utilizzare un sistema di misurazione e attribuzione agnostico e olistico complementare a GA4 per avere un benchmark indipendente.
Enfasi sulla first-party data: Intensificare la raccolta e l’utilizzo di dati first-party per ridurre la dipendenza da sistemi di tracciamento di terze parti.
Formazione continua: Investire nella formazione del team per essere sempre aggiornati sulle ultime soluzioni disponibili e best practice di misurazione e attribuzione.
Crescono gli investimenti per analytics, digital marketing, cookies, recensioni e privacy
Una serie di terremoti scuotono il mondo del web: dalla direttiva europea Omnibus, in materia di recensioni alla decisione dell’Authority italiana garante della Privacy di ritenere Google Analytics (GA3) non conforme al GDPR (o RGPD).
Lo scorso 23 giugno, il Garante ha completato l’istruttoria aperta nel 2020 nei confronti di un sito web italiano su cui era installato Google Universal Analytics ed ha scoperto (finalmente) il vaso di Pandora.
L’authority italiana si è allineata alle decisioni già intraprese dalle omologhe istituzioni di Francia (decisione 10/02/20222), Austria (decisione 22/04/2022) e Danimarca sancendo che qualsiasi trasferimento in paesi esterni allo Spazio Economico Europeo (SSE) che non preveda le medesime garanzie del regolamento sulla privacy italiana deve ritenersi illecito.
Il trattamento dei dati personali dei cittadini europei deve essere salvaguardato ad ogni costo ed in ogni caso.
Il Regno Unito del dopo Brexit e la Svizzera sono intervenuti uniformandosi alla direttiva UE 680/2016 pertanto sono “compliant”.
Gli Stati Uniti no, perché se è vero che il c.d. Privacy Shield, l’accordo tra USA e UE sulla conservazione delle informazioni personali degli europei adottato nel 2016 ne regolamentava i trattamenti, il 16 luglio 2020 la Corte di Giustizia europea lo ha invalidato (c.d. Sentenza Schrems II”) ritenendo le guarentigie degli USA inadeguate.
La portata del provvedimento è di dimensioni enorme, perché per analogia si applica non solo a Google Analytics, ma anche agli altri tools di Google, al pixel di Facebook e ai tanti altri plugins, gratuiti o a pagamento presenti nei siti web, che seppur effettuando una “semplice chiamata di un file” trasferiscono dati personali in paesi che non garantiscono i principi di accountability europei.
Ricordo che il tribunale di Monaco (Germania) ha sanzionato con 100 € di ammenda un sito che richiamava i Google Fonts da remoto, perché così facendo Google acquisiva l’IP dell’utente violando le norme del GDPR.
Tra le applicazioni a rischio vi è l’intero mondo delle piattaforme di email marketing, e-commerce, i social media, le app e i tools di USA, Cina e Russia.
Attualmente risultano compliant al GDPR gli stati di Andorra, Argentina, Australia, Canada, Fær Øer, Giappone, Guernsey, Isola di Man, Israele, Jersey, Nuova Zelanda, Regno Unito, Svizzera, Uruguay. In base ad alcuni accordi di reciprocità anche per India e Brasile non ci dovrebbero essere problemi visto che il loro Privacy Act è ispirato a quello europeo.
È sicuro è che se le risorse sono installate in locale non vi saranno problemi.
Anomizzazione vs pseudonimizzazione
Nei mesi passati, già molte aziende sono corse ai ripari chiedendo di abilitare l’anonimizzazione dei tracciamenti, tuttavia sarebbe corretto parlare di pseudonimizzazione perché i metadati forniti dal browser come lingua, risoluzione dello schermo, la data e l’ora della visita, sistema operativo se combinati insieme possono ugualmente identificare l’utente.
Se con i cookies, l’attivazione di CMP di terze parti come Cookiebot poteva apparire sufficiente per essere in regola, per quanti usano Google Analytics oggi è più difficile dare una risposta definitiva.
La normativa USA prevede che, su richiesta delle agenzie governative, come CIA e NSA, si possa accedere a dati raccolti anche fuori dai confini nazionali da aziende consociate o controllate da un soggetto giuridico di diritto statunitense, tuttavia non tutti coloro che trasferiscono dati dall’UE agli USA sono fuori legge, vedi Apple, ma occorre valutare caso per caso.
Google afferma che GA4 è “GDPR compliant”, mentre l’Autority francese è di diverso avviso ed ha recentemente integrato le proprie FAQ consigliando per la conformità di considerare la proxyfication ovvero una soluzione che preveda il coinvolgimento di un server proxy per evitare il contatto diretto tra il terminale dell’utente Internet e i server dello strumento di misurazione.
Il Garante italiano afferma che chi sceglierà di proseguire nell’uso di Google Analytics dovrà necessariamente integrarlo ad altre misure di sicurezza (senza indicare quali 🙁 ) .
Migrazione a Google Analytics 4 Server Side e alternative
La migrazione a Google Analytics 4 con la configurazione Server Side non è stata esaminata dai garanti della privacy Europea, ma in linea di principio si ritiene conforme, va da sé che deve essere disattivata la raccolta di dati di Google Signals in base all’area geografica come pure delle altre informazioni granulari che utilizzano la posizione.
Alternative a Google Analytics, gratuite e conformi al GDPR sono disponibili, ecco i più noti: Matomo (https://matomo.org/, Plausible (https://plausible.io/), Open Web Analytics (https://www.openwebanalytics.com/), WebAnalytics Italia (https://webanalytics.italia.it/ ) specifico per enti e PA, altre soluzioni possono arrivare dai log analyzer come AwStats, anch’essi installati nello spazio hosting del cliente, spesso disponibili di default dal fornitore IT.
Remarketing e custom audiences addio
Il problema non è quindi la misurazione, ma l’integrazione di GA con lo strumento principale di promozione online di Google Ads; al momento i due strumenti sono gli unici a dialogare fra di loro e in grado di creare segmenti di pubblico utili per il remarketing e/o per l’attivazione di pubblici simili o personalizzati (c.d. Custom Audiences).
L’uso congiunto di Google Analytics con altri servizi di Google, in particolare con i servizi di marketing, può aumentare il rischio di tracciamento, nel caso di Google Tag Manager, per essere tranquilli il suggerimento aggiuntivo è quello di utilizzare come contenitore quello offerto da Stape (https://stape.io/) con localizzazione del server in Europa.
Anche Facebook suggerisce nella sua procedura Conversion API Gateway di installare il proprio Pixel di tracciamento degli eventi creando un dominio o sottodominio ad hoc su un server su AWS o di altro fornitore.
In quest’ultime settimane c’è stato un susseguirsi e sovrapporsi di teorie e soluzioni che hanno dato vita in poco tempo a nuovi servizi che inevitabilmente portano con sé un aumento di costi per attivazioni/ri-configurazioni e loro gestione. Canoni sempre più elevati, spesso crescenti, certamente poco sostenibili per le aziende piccolissime o con dimensioni ridotte. E la fine dell’Internet tutto gratis ?
La situazione attuale è molto confusa e priva di certezze assolute. E se ai 101 reclami presentati da Noyb nel 2020 da cui è nato tutto questo, aggiungiamo le migliaia richieste di rimozione di Federico Leva, per cui non entro nel merito ma vi invito a vedere l’intervista di @Matteoflora all’attivista italo – finlandese (https://youtu.be/1lUPak9qJkg?t=1560) direi che è meglio attendere che il fumo si diradi, gli animi si quietino e si raggiunga rapidamente un accordo politico tra Usa e UE.
“Il sole 24 ore” reputa l’accordo vicino, il dossier è già sul tavolo del negoziato da marzo scorso, insieme al Data Acts sono attesi altri provvedimenti importanti destinati a cambiare le regole delle piattaforme e dei mercati digitali: il Digital Market Act e il Digital Services Act.
Dal 1° luglio 2023 il principale e più conosciuto strumento di web analytics, Google Universal Analytics 3 (UA) verrà sostituito da Google Analytics 4 (GA4); ciò significa che chi entro il 30 giugno 2022 non avrà attivato il nuovo servizio gratuito di Google, l’anno prossimo al momento del pensionamento di Universal Analytics non troverà i dati storici da confrontare. Stessa sorte per chi usa Universal Analytics 360.
Oltre alla comunicazione ufficiale di Big G sulla migrazione a GA4, negli ultimi mesi si sono rincorse numerose notizie e ipotizzati scenari come fronteggiare la scomparsa dei cookies di terze parti, mantenendo o addirittura migliorando le opportunità di tracciamento attuali.
A causa della sentenza Schrems 2, l’esportazione dei dati degli utenti cittadini dell’UE negli USA è stata immediatamente vietata e questo ha obbligato le Ad company a cambiare rotta, ripensando interamente il modello di integrazioni tra browser e sito web, e i tool di analitica.
Nonostante i garanti per la protezioni dei dati personali di alcuni paesi europei abbiano attenuato la portata del provvedimento della Corte di Giustizia Europea imponendo l’anonimizzazione dell’IP e la disabilitazione delle funzioni di remarketing, le aziende proprietarie dei client come Apple Safari, Firefox e Microsoft Edge che rappresentano circa il 40% del traffico ed il 34% del fatturato e-commerce italiano hanno anticipato le decisioni delle Authority disabilitando già delle nuove release: l’audience targeting, il remarketing ed il tracking delle conversioni di adv “sporche”.
Per prepararci al futuro è fondamentale muoversi ora, perché le attività da porre in campo sono diverse, richiedono tempo, la programmazione di investimenti economici, ricordando che i dati persi non potranno più essere recuperati.
Ecco 5 step da cui partire:
1. Aggiornare tutti i tag di advertising e analytics all’ultima versione disponibile;
2. Installare una Consent Management Platform, ovvero una piattaforma di gestione del consenso conforme allo standard IAB TCF 2, il Transparency & Consent Framework conforme al GDPR sviluppato in modalità collaborativa da oltre 650 aziende del settore digital e new media, come CookieBot ad esempio;
3. Implementare il Google Consent Mode (https://support.google.com/analytics/answer/9976101?hl=it) , la soluzione del colosso americano per chi non accetta la profilazione e che gestisce il modello dati delle conversioni attraverso il Machine Learning;
5. Implementare le Facebook Conversion Api, il più grande social network al mondo ha creato una soluzione per identificare gli eventi compiuti da visitatori e acquirenti. Il pixel di tracciamento consentirà ai proprietari di siti web e/o inserzionisti, colpiti primi dall’ITP Intelligent Tracking Prevention (ITP) di Apple e poi dal ban dei devices Apple a partire dalle versioni IOS 14.5 di essere conforme alla normativa GDPR.
Appare chiaro quindi che le piattaforme B2C (es. sito e-commerce, ma non solo) dovranno avere una gestione rigorosa e globale dei dati dei propri clienti, che integri oltre al loro consenso, tutte le operazioni che svolgono online (e offline). Le Customer Data Platform sono già una realtà e diventeranno fondamentali se si desidera integrare sito web, eventi dei clienti/leads e per ottimizzare investimenti in marketing e digital ads.
I canali di comunicazione di direct marketing come newsletter e sms non sono coinvolti da questa rivoluzione, probabilmente le piattaforme di Programmatic Adv saranno quelle più colpite.
Se la battaglia probabilmente tra le Ad Company proseguirà a colpi di browser sempre più sicuri e privacy compliant (ndr Chrome ha dichiarato che eliminerà cookie di terze parti a partire da metà 2023), 8 su 10 marketer (900 intervistati) hanno dichiarato che l’accesso ai dati di prima parte sarà l’unica strategia per avere successo nel digital marketing.
L’accesso ai dati di prima parte sarà l’unica strategia per avere successo nel digital marketing.
Un esempio che questa trasformazione è già in atto, Google ha ufficializzato il 24 maggio 2022 nel Google Marketing Live 2022 che Google Ads già integra la Privacy Sandbox, una tecnologia che consente pubblicità mirata basata su consenso e interessi (Topics) integrata lato browser su una manciata di interessi individuati sulla base della cronologia di navigazione degli ultimi 7 giorni, oppure dal fingerprint, ovvero tutte le informazioni tecniche (dimensioni schermo, plugins presenti, software installato, orologio, sistema operativo, connessioni wireless attive) che è possibile recuperare da ciascun device.
Non ci resta che iniziare.
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