Il framework normativo
La c.d. Direttiva Omnibus (Direttiva UE 2019/2116) ispirata dal titolo “New Deal for Consumers” ha aggiornato il vigente quadro normativo definendo quali pratiche commerciali devono essere ritenute ingannevoli e/o aggressive, quali informazioni devono essere fornite dal vendor, sia nei casi dell’e-commerce B2C che in tutti gli altri casi in cui ci si trovi fuori dai locali commerciali.
La normativa è stata recepita in Italia con forte ritardo, è stata proposta dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea a novembre 2019 e sarebbe dovuta entrare in vigore in tutti gli stati membri a maggio 2021, invece è stata approvata in Italia dal Consiglio dei ministri solo il 24 febbraio 2023 e licenziata con Decreto legislativo n. 26 del 7 marzo 2023, entrando in vigore il 2 aprile scorso.
La direttiva ha previsto rilevanti modifiche al Codice del Consumo, ciò significa che non si applica alla vendita B2B ma che opera verso tutte le piattaforme online, B2C e i marketplace che offrono prodotti e/o servizi ai consumatori finali dietro pagamento di un corrispettivo, che gratuiti quando si richiedono in cambio dati personali o altri tipi di informazione.
Uno degli obiettivi della direttiva è l’armonizzazione unionale: l’adeguamento delle quattro direttive esistenti, la direttiva 93/13/CEE sulle clausole abusive nei contratti conclusi con i consumatori, la direttiva 98/6/CE sulla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori, la direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e la direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori.
La Commissione Europea ha pubblicato degli orientamenti interpretativi a fronte delle norme introdotte dalla Direttiva Omnibus per facilitare le attività di integrazione e la corretta applicazione dei singoli ordinamenti statali.
Dal 1° luglio 2023 sono entrate in vigore le normative sull’applicazione di prezzi promozionali.
Premessa
I punti chiave della direttiva, dal punto di vista del merchant e-commerce, riguardano in generale la trasparenza delle informazioni, la regolamentazione di alcune pratiche commerciali scorrette nonché l’armonizzazione norme e l’inasprimento delle sanzioni.
Il merchant deve fornire informazioni chiare sulle condizioni contrattuali, inclusi i termini e le condizioni di vendita. I consumatori devono essere adeguatamente informati sulle modalità di presentazione dei prodotti, se il prezzo è “personalizzato”, sulle politiche di pagamento, sulle condizioni di servizio e sulle politiche di risoluzione delle controversie della piattaforma riguardo al prezzo del prodotto o servizio, inclusi eventuali costi aggiuntivi (tasse, spese di spedizione, ecc.).
Ricordiamo il divieto di applicare sovrapprezzi alla transazione quando avviene con carta di credito o similari. Eventuali oneri nascosti o costi non trasparenti possono comportare sanzioni.
Gli obblighi informativi sono ora più ampi, è obbligatorio indicare oltre all’indirizzo geografico dove è stabilita l’organizzazione e l’indirizzo e-mail, il numero di telefono prima della conclusione del contratto.
È bene specificare, a tal proposito, che la Corte di giustizia UE (causa C-649/17) ha affermato che il professionista non è obbligato ad attivare una linea telefonica e a comunicare il proprio contatto telefonico al consumatore, se è previsto un altro mezzo di comunicazione che consenta un contatto rapido ed efficace.
Il legislatore privilegia la comunicazione scritta, attraverso la quale è possibile rintracciare in maniera inequivocabile la data e l’orario dei relativi messaggi.
Vediamo nello specifico quali informazioni sono obbligatorie, quali devono essere fornite prima dell’ordine (sul proprio sito web), che dopo l’ordine (a mezzo e-mail) .
Prima dell’ordine – Informazioni precontrattuali
- dati riguardanti l’identificazione del venditore/prestatore di servizi (nome, denominazione societaria, domicilio, sede, telefono, posta elettronica, numero iscrizione REA, numero registro imprese);
- indicazione di prezzi e tariffe relative ai beni/servizi, con oneri fiscali, costi di consegna ed altri costi accessori (es.: oneri doganali); eventuali agevolazioni quali sconti, risparmi e vantaggi simili possono essere promossi sul sito solo se effettivi e se vengano comunicati il prezzo pieno di riferimento, a cosa corrisponde tale prezzo (es. prezzo di listino, prezzo applicato dal fornitore) e lo sconto/risparmio applicato. In caso di impossibilità a fornire preventivamente eventuali i costi accessori la direttiva suggerisce di indicare le modalità di calcolo;
- la durata del contratto, e nel caso di contratti di servizi a tempo indeterminato le condizioni di risoluzione di questi;
- esistenza e termini del diritto di recesso (compreso il modulo per il recesso) o esclusione dello stesso (nelle ipotesi tassativamente previste dalla legge) con modalità tempi per ritiro o la restituzione bene nel caso di recesso;
- le modalità di pagamento, consegna (ivi comprese eventuali limitazioni) ed esecuzione dell’ordine;
- in caso di servizi o prodotti a contenuti digitali, l’eventuale interoperabilità sui sistemi operativi;
- garanzie legali connesse alla vendita;
- indirizzo del fornitore per eventuali reclami;
- lo status del venditore, se professionale o persona fisica
- link alla piattaforma di risoluzione stragiudiziale delle controversie (ODR).
Dopo l’acquisto online
- le fasi tecniche da seguire per la conclusione del contratto;
- il modo in cui il contratto verrà archiviato e le relative modalità di accesso allo stesso;
- i mezzi tecnici messi a disposizione del destinatario per individuare e correggere gli errori prima dell’inoltro dell’ordine;
- gli eventuali codici di condotta del prestatore;
- le lingue a disposizione per concludere il contratto;
- gli strumenti di composizione delle controversie.
Il prezzo
Grande attenzione del legislatore europeo sull’applicazione dei prezzi fortemente scontati, specie durante le campagne promozionali di vendita, come accade durante i saldi o in particolari giorni dell’anno come, ad esempio, in occasione del “Black Friday”, il “Cyber Monday”, ecc…
La direttiva desidera eliminare scontistiche false e prezzi civetta, ciò significa che non è sufficiente che il venditore esponga il prezzo listino, ma deve mostrare anche il più basso negli ultimi 30 giorni precedenti l’inizio della riduzione.
Se, vengono applicati più volte dei ribassi, va considerato come prezzo precedente quello relativo al primo annuncio di riduzione esposto.
Nel caso di un prodotto immesso sul mercato da meno di un mese sarà sufficiente riportare il prezzo precedente, indicando però il periodo temporale di riferimento, che sarà necessariamente inferiore a 30 giorni.
Eccezioni
Come sempre esistono le eccezioni, che in questo caso si applicano a:
- i prodotti agricoli, alimentari deperibili o vicini alla data di scadenza;
- i casi in cui la variazione di prezzo non è dovuta a operazioni di sconto, vedi l’inaugurazione di un nuovo locale o il lancio di un nuovo prodotto;
- le offerte combinate, i bundle di prodotti o “prendi 3, paghi 2”;
- i codici promozionali personalizzati o le offerte legate alle carte fedeltà;
- gli annunci che non utilizzano espressioni del tipo “prezzo più conveniente” o “prezzo più basso”;
- i prodotti sul mercato da meno di 30 giorni (offerte di lancio);
- gli e-shop B2B.
Beninteso, il merchant ha la facoltà di modificare il prezzo del prodotto solo se è stato accordato un contratto specifico con il consumatore che lo autorizza a farlo, in caso contrario, il prezzo concordato in fase di acquisto deve essere rispettato.
Un altro dato che si aggiunge alla già lunga lista di informazioni preliminari, riguarda i prezzi personalizzati sulla base di un processo decisionale automatizzato, come accade in tutti in quei casi in cui interviene l’intelligenza artificiale.
Nonostante la previsione normativa si riferisce al tema del trattamento dei dati, la personalizzazione dei prezzi diventerà certamente una grande opportunità per il marketing, quella di realizzare offerte su misura.
In questi casi, va esplicitata nell’informativa che la determinazione dei prezzi avviene sulla base di una profilazione.
I termini di consegna e spedizione della merce
Con riferimento alla conferma dell’ordine ed ai tempi di consegna, il sito e-commerce deve inviare una conferma dell’ordine al consumatore entro un breve lasso di tempo e fornire una stima precisa dei tempi di consegna.
In caso di ritardi significativi, oltre i 30 giorni massimi previsti dalla normativa, il consumatore ha il diritto di annullare l’ordine e ottenere il rimborso, a meno che il consumatore abbia accettato il termine supplementare.
La direttiva ribadisce che il merchant è responsabile dei prodotti fino alla consegna al consumatore; se il pacco si smarrisce o subisce danni durante il trasporto, il merchant è tenuto a trovare una soluzione soddisfacente per il consumatore, che può includere la sostituzione del prodotto o il rimborso.
Il diritto di recesso
Il diritto di recesso dei consumatori per gli acquisti online rimane a 14 giorni (in taluni casi è stato esteso a 30), può essere privo di motivazione e qualora venga esercitato il venditore, deve rimborsare: oltre al prezzo del prodotto, le spese di consegna (se previste) sempre entro 14 giorni dalla ricezione della richiesta.
Qualora il consumatore eserciti il diritto di recesso e debba sostenere il costo della restituzione dei beni e questi non possa utilizzare la posta, ne dovrà essere data informazione.
La normativa ha standardizzato la procedura di recesso a livello comunitario.
Eccezioni
Il diritto di recesso si estende sino 12 mesi se il merchant non comunica le modalità di esercizio del diritto, mentre viene escluso quando:
- i prodotti sono confezionati su misura o chiaramente personalizzati;
- i prodotti rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente;
- i prodotti sono sigillati perché non si prestano ad essere restituiti per motivi igienici e sono stati aperti dopo la consegna;
- i prodotti che, dopo la consegna, risultano, per loro natura, inscindibilmente mescolati con altri beni;
- le bevande alcoliche, il cui prezzo sia stato concordato al momento della conclusione del contratto di vendita, la cui consegna possa avvenire solo dopo trenta giorni e il cui valore effettivo dipenda da fluttuazioni sul mercato che non possono essere controllate dal venditore;
- le registrazioni audio o video sigillate o di software informatici sigillati che sono stati aperti dopo la consegna;
- i giornali, periodici e riviste ad eccezione dei contratti di abbonamento per la fornitura di tali pubblicazioni;
- i servizi, il cui contenuto digitale è un supporto non materiale e l’esecuzione è iniziata con l’accordo espresso del cliente e con la sua accettazione del fatto che in tal caso avrebbe perso il diritto di recesso;
- il cui prezzo è legato a fluttuazioni nel mercato finanziario che il venditore non è in grado di controllare e che possono verificarsi durante il periodo di recesso.
Tutte le informazioni che riguardano i diritti dei consumatori, come il diritto di recesso, il diritto alla garanzia, devono essere sempre disponibili sul sito web del merchant.
Pratiche commerciali ingannevoli
La normativa comunitaria all’articolo 22 definisce in maniera tassativa i casi di pratiche commerciali ritenute ingannevoli, sono tantissimi, io evidenzio a mio personale giudizio quelli più rilevanti o frequenti:
- il merchant afferma di essere firmatario di un codice di condotta o che tale codice ha ottenuto l’approvazione di un organismo pubblico e ciò non risponde al vero;
- il sito web mostri un marchio di fiducia, di qualità o equivalente senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione;
- il merchant asserisca che le proprie pratiche commerciali, sono autorizzate/approvate da un organismo pubblico;
- s’inviti all’acquisto di prodotto consapevoli che non si riuscirà a garantire prodotti o prodotti equivalenti al prezzo indicato, entro in un periodo o in quantità ragionevoli;
- il merchant comunichi che fornirà assistenza post-vendita in una lingua diversa da quella in cui ha sede l’attività e poi concretamente ciò non avviene;
- presentare un diritto del consumatore come una caratteristica propria dell’offerta;
- presentare un prodotto simile ad un altro, prodotto dallo stesso produttore;
- avviare, gestire o promuovere un sistema di promozione piramidale, in cui il consumatore riceve un corrispettivo derivante dall’entrata di altri consumatori piuttosto che dalla vendita o dal consumo di prodotti;
- affermare, contrariamente al vero, che il prodotto ha capacità curative;
- comunicare informazioni inesatte sulle condizioni di mercato da indurre un consumatore ad acquistare un prodotto a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato.
A queste si aggiungono, altre particolari situazioni descritte successivamente.
Per i marketplace
Lo status del rivenditore
Con la crescita della sharing economy, la nascita di nuovi marketplace C2C (Consumer to Consumer) come AirBnb, BlaBlaCar, Vinted, Subito.it, Facebook Marketplace è aumentata la difficoltà di comprendere quando il venditore è un professionista e quando un consumatore.
La direttiva Omnibus impone l’obbligo il gestore del marketplace di specificare la reale natura di rivenditori: se professionale o consumatore, perché ovviamente da tale distinzione deriva l’applicabilità o meno della disciplina di tutela del soggetto ritenuto più debole.
Ranking dei prodotti
La direttiva Omnibus ha deciso anche di intervenire nei confronti dei marketplace che mescolano risultati sponsorizzati a quelli organici, senza esplicitarlo.
Ai consumatori, che visualizzano una lista di prodotti all’interno di un marketplace, dovrà essere chiaro e facilmente accessibile sin dalla fase della prima ricerca, il motivo per cui un prodotto ha un posizionamento maggiore rispetto ad un altro; se appartiene al programma pubblicitario dovrà essere specificato che l’annuncio è promozionale, al contrario se non lo è dovranno essere indicati altresì i parametri principali che determinano la classificazione dei prodotti e l’importanza di ciascuno rispetto ad altri parametri, come ad esempio, il prezzo, la disponibilità del prodotto, il numero delle recensioni, ecc…
Questa prescrizione, non si applica ai motori di ricerca che hanno programmi pubblicitari dedicati, pensate ad esempio Google Shopping, Trovaprezzi, Kelkoo.
Recensioni
Le recensioni sono diventate uno strumento di marketing molto efficace, la riprova sociale, come riportati in decine di testi di guru del marketing, è in grado di influenzare la decisione di acquisto del consumatore.
Il nuovo comma del Codice del Consumo, impone al titolare del sito web di rivelare, se e in che modo si garantisce che le recensioni pubblicate provengano da consumatori i quali hanno effettivamente acquistato o utilizzato il prodotto.
Ad esempio, è importante dichiarare l’introduzione di sistemi di notifica/verifica delle recensioni dei prodotti, un elemento su cui la maggior parte dei consumatori fa affidamento nel momento di fare un nuovo acquisto e scegliere fra più alternative.
Non è obbligatorio mostrare le recensioni, ma qualora lo si faccia giova ricordare che queste devono provenire da reali acquirenti, libere e verificate ed il consumatore dovrà:
- è vietato modificare in alcun modo le recensioni ricevute;
- è vietato pubblicare recensioni false;
- è vietato pubblicare solo recensioni positive;
- è vietato chiedere a terzi di effettuare delle recensioni promettendo un vantaggio economico;
Circa il divieto di pubblicare solo recensioni positive, evidenziamo anche la pratica (ritenuta scorretta) di selezionare preliminarmente solo gli utenti che si ritiene abbiamo avuto un’esperienza di acquisto positiva, escludendo gli insoddisfatti.
Le piattaforme che organizzano e gestiscono recensioni oltre a prendere misure per prevenire la loro manipolazione, devono mettere a disposizione dei merchant un processo di notifica e risposta per consentire loro di gestire recensioni ingiuste o diffamatorie.
Secondary ticketing o re-ticketing
Il fenomeno del bagarinaggio online scoppiato negli anni scorsi, quando l’acquisto del tagliando era possibile solo utilizzando circuiti di distribuzione paralleli, non ufficiali, pagando biglietti maggiorati fino a 10 volte il valore nominale, è vietato.
La rivendita di biglietti di eventi è possibile solo se il prezzo è inferiore o uguale al prezzo nominale e se effettuata occasionalmente, mentre è vietata qualora l’acquisto sia avvenuto eludendo i limiti di acquisto personali e soprattutto tramite sistemi automatizzati. Il legislatore oltre a porre il divieto ha previsto sanzioni severe, anche verso i gestori di marketplace C2C, qualora venga dimostrato una loro possibile forma di controllo.
Responsabilità del contenuto
La direttiva stabilisce che le piattaforme non possono essere considerate responsabili per il contenuto illegale o dannoso fornito dai merchant, a meno che non abbiano agito in modo negligente o non abbiano ottemperato agli obblighi di notifica o rimozione del contenuto illecito.
Dual Quality
La normativa europea ha regolamentato anche la “Dual Quality”, ovvero il caso in cui vi sia un’attività di marketing che promuove un bene come identico tra due stati membri nonostante vi siano significative differenze tra i due beni per composizione e caratteristiche.
Fatto salvo che vi siano fattori legittimi e obiettivi, è sempre considerata una pratica commerciale scorretta.
Proprietà intellettuale e prodotti contraffatti
La direttiva richiede alle piattaforme di adottare misure per prevenire la vendita di prodotti contraffatti o illegali.
Diritto di tutela e al risarcimento del danno
Una grande innovazione introdotta dalla direttiva comunitaria è il riconoscimento al consumatore di poter adire direttamente l’Autorità Giudiziaria per richiedere il risarcimento del danno subito nel caso in cui questo sia generato da una pratica commerciale scorretta.
In alternativa e se applicabile, tenendo conto della gravità e della natura della pratica commerciale sleale, del danno subito e di altre circostanze pertinenti è sempre possibile adire a organismi intermedi di conciliazione o mediazione attraverso i quali chiedere più speditamente, anche l’applicazione della riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto piuttosto che attendere la decisione dell’Authority.
È importante ricordare che quando l’e-commerce vende a consumatori che risiedono in altri paesi esteri, specie in quelli membri le sanzioni previste sono quelle del Paese a cui questo appartiene, in Francia, ad esempio, le sanzioni sono anche penali.
Clausole vessatorie
La direttiva Omnibus applica tolleranza zero nei confronti di clausole abusive, ritenute vessatorie per il consumatore costretto a soggiacere a clausole predisposte unilateralmente dal venditore e che prevedono un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti, a danno del primo.
L’armonizzazione delle sanzioni è a livello europeo anche in caso di clausole contrattuali ritenute vessatorie.
Regime sanzionatorio
La direttiva europea ha modificato sensibilmente il regime sanzionatorio a fine dissuasivi: è stato raddoppiato il massimo delle sanzioni per pratiche commerciali scorrette che dai 5 milioni di euro passa a 10.
I controlli sono affidati all’autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), che avrà facoltà di irrogare sanzioni che possono arrivare fino al 4% del fatturato annuo della società in caso di violazioni transfrontaliere della società nello Stato membro (o negli Stati membri interessati) in cui si è verificata la violazione, o di 2 milioni di euro nei casi in cui non siano disponibili informazioni sul fatturato.
È aumentato fino a 10 milioni di € la sanzione in caso di inottemperanza di provvedimenti di particolare urgenza, inibitori o di rimozione degli effetti.
Oltre a conseguenze risarcitorie pesanti non dimentichiamo quelle reputazionali, parimenti importanti.