Click to brick e Private Label trasformano il Retail 2.0
La pandemia ha costretto gli imprenditori ad adottare rapidamente nuovi modelli di business, per adattarsi alle nuove regole imposte da governi, mercato ed alle mutate esigenze dei consumatori. La scelta più semplice e veloce per loro è stata aderire a marketplace conosciuti (es. Amazon, Yoox, Pixmania, TripAdvisor, JustEat ecc..) con % sul venduto, piuttosto che dotarsi di una propria soluzione e-commerce che integrasse i nuovi canali di vendita, tra cui anche i social media oltre agli strumenti presentati da Google e Facebook proprio negli ultimi mesi (es. Facebook ed Instagram Shop).
Chi progettava di avviare la trasformazione digitale ha aperto il cantiere immediatamente e accelerato il più possibile il completamento. Progetti a lungo termine hanno visto luce in pochissimi mesi, in alcuni casi questo comportamento ha consentito di superare il 2020 con un segno positivo per guardare al futuro con ottimismo.
Tutto ciò in un contesto mondiale tuttora in continuo cambiamento, in cui anche i consumatori hanno dovuto dimenticare le vecchie abitudini per acquisirne delle nuove: non ci sorprende che il 31% dei consumatori italiani abbia affermato che nel 2020 ha acquistato online più che in passato e più che negli altri paesi europei (fonte:Ipsos).
Secondo uno studio McKinsey, l’accelerazione digitale vissuta nel 2020 è equivalente a dieci anni di crescita dell’e-commerce. Una crescita che ha comportato inevitabilmente licenziamenti e una forte riduzione dei punti di vendita al dettaglio, il c.d. retail. In Italia si stimano le chiusure in circa 20.000 (fonte: The European House-Ambrosetti), che si aggiungono agli altri 70.000 persi negli ultimi 10 anni (fonte: Confcommercio).
Nonostante la rivoluzione di questi mesi, il retail fisico non è morto e non morirà, Google prevede che nel 2024 ancora il 78% della popolazione mondiale effettuerà acquisti in negozio.
Quello che sta tramontando è il concetto del punto vendita di un tempo, da semplice contenitore, luogo di consegna fisico del prodotto.a creatore di nuove esperienze di acquisto: dove la marca o il prodotto sono più attraenti che in video, non solo perché possono essere toccati e provati, ma anche raccontati, confrontati, vissuti ed infine condivisi.
Allo store fisico è richiesta sempre di più disponibilità e varietà di prodotti, almeno la stessa del sito e-commerce, l’integrazione di attività e servizi diversi da quelli che stanno fornendo oggi; pensate ai Genius Bar degli Apple Store, dove accanto alla mostra/vendita del prodotto, grazie alla competenza dello staff è possibile imparare ad usare le varie applicazioni, stesso discorso per le profumerie dove un make-up artist ti spiega come valorizzare il tuo viso utilizzando i prodotti presenti nel punto vendita.
Tutte esperienze simili, in cui il brand ti aiuta a conoscere meglio i prodotti e le possibili applicazioni nella quotidianità ed a vivere delle esperienze. I consumatori digitali richiedono allo store online la stessa interazione che si potrebbe avere con il commesso; la graduale sostituzione di email e telefono con servizi di messaggistica, tra cui chat e chatbot (nei casi più evoluti) ne sono un esempio.
Il brand deve raggiungere i clienti ovunque essi si trovano, che siano online che in negozio.
Il click to brick
Il Click to Brick è un modello di business che si basa su una logica omnicanale (off-line e on-line) cui in cui il retailer gestisce uno store online (click) e uno o più negozi fisici (brick) entrambi fortemente digitalizzati, iperconnessi ed integrati con magazzini diffusi e di più fornitori.
Le aziende riducono i canali distributivi intermedi (grossista, distributore, agente, sub-agente e negoziante, ecc…)
Il Click to Brick è una dinamica in forte crescita legata sia all’e-commerce che al fenomeno dei negozi monomarca che sta trasformando il B2c e il B2b in un unicum: il D2c, acronimo di Direct-to-Consumer, grazie al quale i produttori raggiungono direttamente il cliente finale. Ciò può avvenire attraverso una piattaforma di e-commerce, I social media o un negozio al dettaglio del marchio. E’ la riscossa del brand 4.0.
Il D2C non è esclusivamente vendita online ed i consumatori non sono solo “Millenial” attenti al design, tra i 18 e 34 anni che non hanno legami con i brand storici. E non solo le startup o le aziende native digitali con pochi prodotti stanno abbracciando questo nuovo modello di proposizione, ma anche i brand più prestigiosi, specie nei settori della moda e del beauty.
Si stima che sia per Adidas che per Nike il DTC rappresenterà metà del fatturato nel 2025.
I vantaggi di una strategia Direct-to-Consumer fondamentalmente sono legati al dialogo diretto con il consumatore. Riprendere il controllo del proprio marchio per costruire una relazione personalizzata e duratura per massimizzare il CLV (customer lifetime value), ovvero il valore potenziale di spesa di un cliente. Ciò consentirà di migliorare profitti ed i relativi margini, di controllare direttamente i passaggi della distribuzione e di raccogliere un’enorme quantità di dati sui tuoi clienti utili per agire rapidamente sull’offerta, fornendo al cliente finale un servizio personalizzato.
Il ruolo del gestionale software è fondamentale per gestire la molteplicità dei processi e le complessità presenti, così come il ruolo del digital marketing nel D2C attraverso il quale alimentare continuamente la conoscenza del brand attraverso campagne pubblicitarie.
Gli intermediari del commercio continueranno a basarsi solo sulla rivendita e distribuzione finale del prodotto ?
Esistono modelli attenuati di D2C che prevedono ugualmente il reindirizzamento al canale distributivo, certo è che ora il consumatore può scegliere tra il delivery (la consegna a casa/ufficio), il locker (ritiro in armadietto in luoghi facilmente raggiungibili e accessibili h24), il click and collect (ritiro in negozio). La consegna del prodotto non è più problema.
Ciò nononstante, sull’ampliamento di nuovi metodi di consegna si continua ad investire. L’indicazione di una data o un range di date fisse comunicate in anticipo sono il minimo richiesto. Per differenziarsi, è importante offrire flessibilità, insieme a tracciabilità della spedizione, cambio di data o di luogo di consegna.
Il private label
I distributori, i retailer compresi gli stessi marketplaces stanno accumulando dati; grazie al Retail Analytics (prodotti, trend, abitudini, preferenze dei clienti, catchment area [area di provenienza dei clienti]) queste preziose informazioni ora consentono al management di orientare la produzione, proponendo al proprio pubblico il prodotto più noto, re-brandizzato e autoprodotto.
Al Click to Brick, si oppone la Private Label, italianizzata con la MDD, ovvero la Marca Del Distributore. In rapida crescita, molto diffuso nel mondo alimentare ha consentito nell’ultimo anno a Coop, Conad ed Esselunga di raggiungere il 10% del fatturato complessivo.
Amazon, grazie alle informazioni a sua disposizione ha creato le proprie linee di prodotti (Amazon Basic), con i quali soddisfa le esigenze più semplici dei clienti, al contempo ha anche aperto la propria catena di negozi con i prodotti con recensioni 4 stelle, che raccolgono l’80% delle vendite online e gli stores di fresh food senza cassieri.
Se ci crede Amazon nello store fisico c’è da fidarsi. Anche Zalando sta aprendo il secondo store a Berlino.
Il Retail 4.0
Il commercio elettronico ha alzato lo standard del punto vendita tradizionale, ora per portare il cliente nel punto vendita prima di tutto è fondamentale evitare l’out of stock.Le ricerche per nome prodotto + “in magazzino” sono cresciute a livello mondiale di oltre il 700% nel corso del 2020.
La disponibilità aggiornata in tempo reale, sia quelle dei punti vendita fisici sia quello dello store online, evita di perdere la vendita ed è quindi uno dei perni delle strategia di marketing 4.0. Google ha implementato nel Google Merchant soluzioni per offrire questo dato sempre aggiornato, che eviterà ai consumatori di arrivare in negozio e scoprire che il capo d’abbigliamento è ancora è disponibile nella taglia o nel colore preferito. La personalizzazione del prodotto/servizio oltreche un’esperienza su misura del cliente rimane un elemento di forte impatto, da potenziare.
Di fatto, anche le policy di reso o cambio disponibili per l’acquisto online dovranno essere adottate nei punti di vendita fisici.
L’Hygiene Obsession, ovvero l’importanza dell’igiene spingerà sempre più a curare la sanificazione dei prodotti. Nella ristorazione soluzionI touchless saranno sempre più frequenti come pure verranno privilegiati i rivenditori che offrono più strumenti di pagamento cashless semplici ed alternativi.
L’importanza dei dati di prima parte oltre a quelli provenienti dall’utilizzo di GPS e Google Maps, renderanno Google My Business una fonte sempre più ricca di dettagli per lo store manager, sia per i clienti occasionali che fidelizzati.
Per attrarre il cliente è obbligatorio unire i due mondi quello fisico (multisensoriale) e quello digitale (ispirazionale)
Per attrarre il cliente è obbligatorio unire i due mondi quello fisico (multisensoriale) e quello digitale (ispirazionale) per fare vivere esperienze online e in store piacevoli, il commesso deve arricchire le conoscenze del consumatore proprio come ogni blog fa nel sito e-commerce, aggiungendo una consulenza personalizzata ed approfondita, anche attraverso strumenti tecnologici.
Perchè non agevolare il livestream shopping o la visita in negozio da remoto come avviene già in Cina con Taobao, Douyin o Kuaishou ?Perchè non integrarlo con il proprio e-commerce per vedere le novità, fare due chiacchere con il nostro negozio di fiducia per poi acquistare online con un click, proprio come è già avvenuto nel mondo dell’e-fitness o della consulenza ?
La presenza social dovrà avere sempre più obiettivi qualitativi piuttosto che solo di quantità.
L’integrazione a 360° tra il commercio fisico e quello digitale sarà la chiave di volta del Retail 4.0, la presenza online può aiutarli a raggiungere i potenziali clienti che vogliono acquistare di persona a livello locale.