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RePlatforming. 10 motivi per rinnovare la piattaforma e-commerce

RePlatforming. 10 motivi per rinnovare la piattaforma e-commerce

Miglioramento continuo, radicale o disruptive innovation?

Il Sony Walkman , l’Apple Iphone ™ e Amazon Aws ™ sono tre esempi di ciò che i giapponesi chiamano “kaikaku“, ovvero un miglioramento radicale del prodotto che per i 3 brands ha significato l’apertura di nuovi mercati ed un cambio di abitudini dei consumatori.

Sono 3 esempi iconici di innovazione trasformativa nei rispettivi settori.

Il termine “Kaizen (改善)” indica un miglioramento continuo e graduale, “Kaikaku (改革)” un miglioramento radicale, “Kakushin (革新)” quando l’Innovazione dirompente e la trasformazione totale.

Ci sono momenti nella vita di una azienda in cui il cambiamento visto come un processo quotidiano di continui miglioramenti e piccole ottimizzazioni graduali non è più sufficiente.

Tra l’approccio “kaizen” della qualità totale e continua di Toyota ed uno “kakushin” di innovazione dirompente come quello di Tesla (applicata da Elon Musk in tutte le sue startup), il secondo sembra essere più profittevole.

Tesla Profit Margins
Tesla guadagna su ogni auto più di ogni altro suo concorrente grazie al suo approccio produttivo innovativo.

Per chi è già presente nel mercato da tempo, certamente la cultura del miglioramento continuo non potrà essere abbandonata tuttavia non si può guardare con indifferenza ai nuovi player che entrano nel mercato, alla concorrenza globale dei grandi brands, al ruolo dell’innovazione tecnologica, come nel caso di cloud e intelligenza artificiale con la stessa vision dell’anno passato.

Si utilizza spesso il termine “disruptive”, per indicare quella trasformazione completa e totale che conduce l’azienda verso un nuovo un nuovo ciclo di successi e crescita duratura come l’unica possibile; a mio modesto avviso dovrebbe prevalere un approccio ibrido quello chiamato “kaikaku”, un risultato intermedio tra “kaizen” e “kakushin”.

Quando la crescita rallenta e si presentano nuove rivoluzioni tecniche (come l’AI) è obbligatorio pensare se sia opportuna: una ristrutturazione della propria infrastruttura digitale, della propria organizzazione, del customer journey, delle strategie commerciali fin’ora adottate, fino al replatforming.

Il Replatforming

Per replatforming, s’intende il processo di migrazione di un’applicazione, un sito web o un’infrastruttura digitale da una piattaforma tecnologica a un’altra, con l’obiettivo di migliorarne le prestazioni, l’efficienza e l’allineamento con le esigenze di business attuali.

Certamente, è più facile a dirsi che a farsi ma questi tempi richiedono rinnovamenti radicali, coraggiosi e piuttosto frequenti.

Il cambiamento richiede leadership, visione e coinvolgimento di tutti gli attori, anche quelli non protagonisti: l’approccio è top-down e non viceversa.

Ci sono migliaia di siti web e-commerce, nati come appendici di business tradizionali con piattaforme open source, poco budget e risorse limitatissime che funzionano ma che hanno un potenziale inespresso enorme.

Come pure per chi ha fatto investimenti importanti, spesso usa piattaforme software proprietarie ben al di sotto del 50% della loro potenzialità: per tanti motivi tra cui: inesperienza dello staff, mancanza di competenze, formazione inadeguata e/o risorse mal gestite.

Se ci si affida ad un fornitore esperto, il l’ecommerce o il replatforming e-commerce sblocca opportunità di crescita straordinarie e l’innovazione genera nuova domanda.

Quando innovare la propria piattaforma ?

Se almeno 3 di questi 10 problemi affliggono la tua piattaforma e-commerce pensa seriamente al re-platforming.

  1. Prestazioni obsolete, ovvero quando la piattaforma attuale non supporta la crescita del business, non soddisfa le aspettative dei clienti finali e/o è al limite dell’affidabilità;
  2. Funzionalità limitate , quando le funzionalità della piattaforma sono ridotte o troppo limitate per intraprendere nuove opportunità di marketing o iniziative di business in nuovi mercati o paesi. Oppure gli obiettivi aziendali sono cambiati a seguito di un cambio di governance.;
  3. Costi di manutenzione elevati, quando i costi di manutenzione per mantenere e aggiornare la piattaforma attuale sono diventati insostenibili o ingiustificati;
  4. Scalabilità insufficiente, quando il server non gestisce picchi di traffico, i nuovi requisiti di velocità richiesto ad esempio da Google oppure quando la crescita non è più lineare e l’azienda non riesce a superare gli attuali volumi di ordinativi;
  5. Design o esperienza utente obsoleta, quando il design e/o l’esperienza utente non è più in linea con le aspettative dei clienti moderni e/o non rappresenta più il brand;
  6. Integrazione difficile, quando il business richiede l’integrazione con piattaforme di terze parti e/o servizi necessari per il business e questa non si adatta ;
  7. Conformità normativa. Più il peso dell’e-commerce cresce, più gli adempimenti fiscali e legali si fanno più consistenti. Alcune piattaforme costringono non sono adatte per la legislazione italiana devono rispettare per essere conforme alle nuove normative ed allo standard del settore;
  8. Pannello di amministrazione inefficiente. Le dashboard sono fotografie del momento molto importanti, talvolta i dati mostrati non sono personalizzabili oppure in caso di operazioni ripetitive sono estremamente farraginose ;
  9. Sicurezza, ogni sito web custodisce informazioni personali e preferenze di prodotti. Anche un solo episodio di vulnerabilità o un attacco può minare definitivamente la credibilità del sito;
  10. Omni-canalità / multicanalità ridotta, quando l’eCommerce non dialoga con altri sistemi o applicazioni aziendali (es.: il magazzino, il marketing, una app, un punto di vendita fisico)

Le operazioni di migrazioni richiedono dai 2 mesi, nei casi più semplici, ai 12 mesi per quelle più lunghe e complesse.

Il partner governa la complessità con metodo, spesso si è confrontato con problematiche già risolte in precedenza.

Certamente come abbiamo scritto in precedenza, bisogna essere aperti al cambiamento, acquistare, noleggiare o sviluppare ex-novo una nuova piattaforma, e-commerce o non, senza definire preliminarmente i nuovi obiettivi o la strategia rischia di creare un clone tale e quale al precedente.

Il 70% dei processi di digital transformation fallisce a causa di una mancanza di comunicazione a livello organizzativo.

Nei primissimi incontri, si definiscono:

  • quale piattaforma e-commerce sia la più adatta, non esiste una taglia unica per tutti;
  • il team di lavoro e coordinamento lato azienda;
  • il costo della nuova piattaforma, dei costi di manutenzione o licenza, dei tempi, della migrazione, della formazione, dei test prima del go-live
  • gli obiettivi di design, la UI e UX;
  • le nuove funzionalità tra le Must-Have, Should-Have, Could-Have e Would-like-to-have

Negli ultimissimi mesi ho realizzato con il mio team re-platforming complessi per importanti clienti europei, andate live con soddisfazione di tutta la governance, rispettando timing e obiettivi.

Oltre ad aver ridotto onerosi costi di licenza e tempi lunghi di alcune operazioni, dopo 3 mesi in cui lo staff ha preso confidenza con la nuova piattaforma la soddisfazione si legge sul volto.

Brandsplace, marketplace e saldi

Brandsplace, marketplace e saldi

Brandsplace: un canale da utilizzare per smaltire resi e invenduto

Approfondiamo il tema dell’invenduto e dei resi, esplorando le opportunità a disposizione dei brands dopo il periodo dei saldi.

Nel 2021, scrivevo che il D2C avrebbe sostituito B2C: la chiusura dei punti vendita fisici causati dall’emergenza sanitaria, i problemi di liquidità da essa derivanti hanno evidenziato come l’organizzazione dei brands fosse tutto sommato fragile.

Il D2C (DTC, il Direct-to-Consumer) è un modello vincente in trasformazione: conia neologismi, spinge i colossi dell’e-commerce verso l’ibridazione di nuovi modelli di business dove i brand, già leader del commercio internazionale e protagonisti sui social diventano Seller anzichè semplici Vendor.

Ora le tensioni internazionali, congiunturali o strutturali pongono nuovi problemi a cui si aggiunge specie in Europa, una crescente sensibilità verso la sostenibilità ambientale, il re-commerce.

Il fast fashion è sotto accusa, ciò nonostante sono nati nuovi marketplace che lo esaltano.

Le parole chiavi sono: digitalizzazione, sostenibilità e omni-canalità, queste rappresentano la strategia per assicurare una crescita responsabile di un brand, in grando assorbire la sempre più ampia offerta di prodotti, invenduti, resi ed anche usati.

Avere il proprio e-commerce e essere presente contemporaneamente su marketplaces generalisti (es. Amazon, Ebay, Yoox o Zalando ecc…) non è più sufficiente! Per essere efficienti occorre la disponibilità del dato in tempo reale del prodotto su ogni canale e per essere sostenibili occorre presidiare anche i canali C2C, dell’usato e del ricondizionato.

Le soluzioni di gestionale software e-commerce che consiglio sono tutte integrate nativamente con i principali marketplace, consentono di interfacciarsi con altri store online via API, generare feed per comparatori e piattaforme pubblicitarie, come nel caso di Google Shopping e Meta, integrando anche la disponibilità in tempo reale nei singoli punti fisici, per il ritiro immediato (c.d. click-and-collect).

Gestire da un’unica piattaforma i propri prodotti, essere proprietari dei dati di clienti e prospect consente di guidare la creazione di contenuti ad hoc, con immagini e video, gestire recensioni, social media, mantenendo il pieno controllo di ogni parte del funnel (o del flywheel).

I consumatori non distinguono i confini tra i canali, conoscono il retargeting, vorrebbero un’esperienza personalizzata virtuale simile a quello acquisto fisica con i propri dispositivi tecnologici, in modo frictionless.

Il caso VeePee

L’idea di BrandsPlace, il marketplace di Veepee, conosciuto in Italia anche con il nome di Vente Privee e con Privalia, sarà presto imitata da altri ipermercati digitali. L’esperienza è più completa rispetto al Brand Store di Amazon, specie il rapporto con il cliente finale.

BrandsPlace è un marketplace nel marketplace dove i brands possono intervenire autonomamente e rapidamente a supporto della promozione delle vendite, anche in stagione con margini di manovra più ampi.

Inoltre Veepee ha lanciato due iniziative di economia circolare virtuose, uniche nel settore del fashion:

  • Re-cycle: attraverso il quale si permette di rimettere in circolazione gli abiti usati dei propri clienti attraverso un processo che parte dal lavaggio del capo alla foto, in cambio di un buono spesa;
  • Re-turn: un servizio C2C per la gestione dei resi, che consente la rivendita dei prodotti tra gli utenti della piattaforma con uno sconto aggiuntivo, riducendo i flussi logistici e l’impatto ecologico.

Segnalo per completezza anche InShop, il servizio di disponibilità in real-time a sostegno della gestione della rotazione delle scorte di magazzino.

Brandsplace

Nel brandsplace: il brand è al centro della scena, con un marketplace esclusivo all’interno di un altro, dove ha il controllo completo della propria vetrina. E’ possibile :

  1. Presentare le proprie collezioni, sia in-season che out-season;
  2. Gestire autonomamente promozioni e sconti;
  3. Creare un’esperienza di brand personalizzata;
  4. Interagire direttamente con i consumatori;
  5. Aprire e chiudere sales in parallelo nelle varie countries.

Questo modello offre ai brand:

  • Maggiore controllo sull’immagine e sul messaggio del brand;
  • Possibilità di costruire relazioni dirette con i clienti;
  • Accesso ad un pubblico più ampio;
  • Maggiori margini di profitto.

La maggior efficienza e controllo, richiede ai brand un impegno maggiore in termini di gestione della piattaforma e servizio clienti.

La concorrenza all’interno del brandsplace è molto alta, nonostante la presenza di centinaia di brand è comunque limitata rispetto al marketplace tradizionale e generalista, che è rimane più completo: offre varie modalità di spedizione della merce, un sistema di recensioni garantito che aiuta a prendere le decisioni di acquisto, prezzi più competitivi per il consumatore e margini più ridotti per il brand.

Nei brandplace, il fulfillment (il processo di gestione degli ordini dall’acquisizione dell’ordine fino alla consegna al cliente) può essere in house, esternalizzato (come nel caso di Amazon FBA) o in dropshipping.

Quest’ultimo è molto diffuso tra gli intermediari esclusivamente commerciali, perchè consente all’azienda di non avere un proprio magazzino, nè uno stock e gli ordini dei clienti vengono inoltrati direttamente ai fornitori o produttori che spediscono direttamente al cliente finale.

Flash Sales, tutto l’anno

Le flash sales che promettevano forti sconti fino all’80% non sono più concentrate solo in alcuni periodi dell’anno, oltre ai saldi e nel black friday. Ora le vendite lampo ci sono tutte le settimane e sono uno dei tanti strumenti di marketing a disposizione per il brand per gestire l’invenduto. Sconti elevati, disponibilità ridotta su una selezione limitata di prodotti diventeranno un’attività periodica grazie alla comunicazione tra i canali.

Il D2C sostituirà B2C e B2B

Il D2C sostituirà B2C e B2B

Click to brick e Private Label trasformano il Retail 2.0

La pandemia ha costretto gli imprenditori ad adottare rapidamente nuovi modelli di business, per adattarsi alle nuove regole imposte da governi, mercato ed alle mutate esigenze dei consumatori. La scelta più semplice e veloce per loro è stata aderire a marketplace conosciuti (es. Amazon, Yoox, Pixmania, TripAdvisor, JustEat ecc..) con % sul venduto, piuttosto che dotarsi di una propria soluzione e-commerce che integrasse i nuovi canali di vendita, tra cui anche i social media oltre agli strumenti presentati da Google e Facebook proprio negli ultimi mesi (es. Facebook ed Instagram Shop). 

Chi progettava di avviare la trasformazione digitale ha aperto il cantiere immediatamente e accelerato il più possibile il completamento. Progetti a lungo termine hanno visto luce in pochissimi mesi, in alcuni casi questo comportamento ha consentito di superare il 2020 con un segno positivo per guardare al futuro con ottimismo.

Tutto ciò in un contesto mondiale tuttora in continuo cambiamento, in cui anche i consumatori hanno dovuto dimenticare le vecchie abitudini per acquisirne delle nuove: non ci sorprende che il 31% dei consumatori italiani abbia affermato che nel 2020 ha acquistato online più che in passato e più che negli altri paesi europei (fonte:Ipsos).

Secondo uno studio McKinsey, l’accelerazione digitale vissuta nel 2020 è equivalente a dieci anni di crescita dell’e-commerce. Una crescita che ha comportato inevitabilmente licenziamenti e una forte riduzione dei punti di vendita al dettaglio, il c.d. retail. In Italia si stimano le chiusure in circa 20.000 (fonte: The European House-Ambrosetti), che si aggiungono agli altri 70.000 persi negli ultimi 10 anni (fonte: Confcommercio).

L'accelerazione dovuta al Covid nel digitale

Nonostante la rivoluzione di questi mesi, il retail fisico non è morto e non morirà, Google prevede che nel 2024 ancora il 78% della popolazione mondiale effettuerà acquisti in negozio.

Quello che sta tramontando è il concetto del punto vendita di un tempo, da semplice contenitore, luogo di consegna fisico del prodotto.a creatore di nuove esperienze di acquisto: dove la marca o il prodotto sono più attraenti che in video, non solo perché possono essere toccati e provati, ma anche raccontati, confrontati, vissuti ed infine condivisi.

Allo store fisico è richiesta sempre di più disponibilità e varietà di prodotti, almeno la stessa del sito e-commerce, l’integrazione di attività e servizi diversi da quelli che stanno fornendo oggi; pensate ai Genius Bar degli Apple Store, dove accanto alla mostra/vendita del prodotto, grazie alla competenza dello staff è possibile imparare ad usare le varie applicazioni, stesso discorso per le profumerie dove un make-up artist ti spiega come valorizzare il tuo viso utilizzando i prodotti presenti nel punto vendita.

Tutte esperienze simili, in cui il brand ti aiuta a conoscere meglio i prodotti e le possibili applicazioni nella quotidianità ed a vivere delle esperienze. I consumatori digitali richiedono allo store online la stessa interazione che si potrebbe avere con il commesso; la graduale sostituzione di email e telefono con servizi di messaggistica, tra cui chat e chatbot (nei casi più evoluti) ne sono un esempio.

Il brand deve raggiungere i clienti ovunque essi si trovano, che siano online che in negozio.

Il modello D2C

Il click to brick

Il Click to Brick è un modello di business che si basa su una logica omnicanale (off-line e on-line) cui in cui il retailer gestisce uno store online (click) e uno o più negozi fisici (brick) entrambi fortemente digitalizzatiiperconnessi ed integrati con magazzini diffusi e di più fornitori. 

Le aziende riducono i canali distributivi intermedi (grossista, distributore, agente, sub-agente e negoziante, ecc…)

Il Click to Brick è una dinamica in forte crescita legata sia all’e-commerce che al fenomeno dei negozi monomarca che sta trasformando il B2c e il B2b in un unicum: il D2c, acronimo di Direct-to-Consumer, grazie al quale i produttori raggiungono direttamente il cliente finale. Ciò può avvenire attraverso una piattaforma di e-commerce, I social media o un negozio al dettaglio del marchio. E’ la riscossa del brand 4.0.

Il D2C non è esclusivamente vendita online ed i consumatori non sono solo “Millenial” attenti al design, tra i 18 e 34 anni che non hanno legami con i brand storici. E non solo le startup o le aziende native digitali con pochi prodotti stanno abbracciando questo nuovo modello di proposizione, ma anche i brand più prestigiosi, specie nei settori della moda e del beauty.

Si stima che sia per Adidas che per Nike il DTC rappresenterà metà del fatturato nel 2025.

I vantaggi di una strategia Direct-to-Consumer fondamentalmente sono legati al dialogo diretto con il consumatore. Riprendere il controllo del proprio marchio per costruire una relazione personalizzata e duratura per massimizzare il CLV (customer lifetime value), ovvero il valore potenziale di spesa di un cliente. Ciò consentirà di migliorare profitti ed i relativi margini, di controllare direttamente i passaggi della distribuzione e di raccogliere un’enorme quantità di dati sui tuoi clienti utili per agire rapidamente sull’offerta, fornendo al cliente finale un servizio personalizzato.

Il ruolo del gestionale software è fondamentale per gestire la molteplicità dei processi e le complessità presenti, così come il ruolo del digital marketing nel D2C attraverso il quale alimentare continuamente la conoscenza del brand attraverso campagne pubblicitarie.

Gli intermediari del commercio continueranno a basarsi solo sulla rivendita e distribuzione finale del prodotto ?

Esistono modelli attenuati di D2C che prevedono ugualmente il reindirizzamento al canale distributivo, certo è che ora il consumatore può scegliere tra il delivery (la consegna a casa/ufficio), il locker (ritiro in armadietto in luoghi facilmente raggiungibili e accessibili h24), il click and collect (ritiro in negozio). La consegna del prodotto non è più problema.

Ciò nononstante, sull’ampliamento di nuovi metodi di consegna si continua ad investire. L’indicazione di una data o un range di date fisse comunicate in anticipo sono il minimo richiesto. Per differenziarsi, è importante offrire flessibilità, insieme a tracciabilità della spedizione, cambio di data o di luogo di consegna.

Il private label

I distributori, i retailer compresi gli stessi marketplaces stanno accumulando dati; grazie al Retail Analytics (prodotti, trend, abitudini, preferenze dei clienti, catchment area [area di provenienza dei clienti]) queste preziose informazioni ora consentono al management di orientare la produzione, proponendo al proprio pubblico il prodotto più noto, re-brandizzato e autoprodotto.

Al Click to Brick, si oppone la Private Label, italianizzata con la MDD, ovvero la Marca Del Distributore. In rapida crescita, molto diffuso nel mondo alimentare ha consentito nell’ultimo anno a Coop, Conad ed Esselunga di raggiungere il 10% del fatturato complessivo.

Amazon, grazie alle informazioni a sua disposizione ha creato le proprie linee di prodotti (Amazon Basic), con i quali soddisfa le esigenze più semplici dei clienti, al contempo ha anche aperto la propria catena di negozi con i prodotti con recensioni 4 stelle, che raccolgono l’80% delle vendite online e gli stores di fresh food senza cassieri.

Se ci crede Amazon nello store fisico c’è da fidarsi. Anche Zalando sta aprendo il secondo store a Berlino.

Il Retail 4.0

Il commercio elettronico ha alzato lo standard del punto vendita tradizionale, ora per portare il cliente nel punto vendita prima di tutto è fondamentale evitare l’out of stock.Le ricerche per nome prodotto + “in magazzino” sono cresciute a livello mondiale di oltre il 700% nel corso del 2020.

La disponibilità aggiornata in tempo reale, sia quelle dei punti vendita fisici sia quello dello store online, evita di perdere la vendita ed è quindi uno dei perni delle strategia di marketing 4.0. Google ha implementato nel Google Merchant soluzioni per offrire questo dato sempre aggiornato, che eviterà ai consumatori di arrivare in negozio e scoprire che il capo d’abbigliamento è ancora è disponibile nella taglia o nel colore preferito. La personalizzazione del prodotto/servizio oltreche un’esperienza su misura del cliente rimane un elemento di forte impatto, da potenziare.

Di fatto, anche le policy di reso o cambio disponibili per l’acquisto online dovranno essere adottate nei punti di vendita fisici.

L’Hygiene Obsession, ovvero l’importanza dell’igiene spingerà sempre più a curare la sanificazione dei prodotti. Nella ristorazione soluzionI touchless saranno sempre più frequenti come pure verranno privilegiati i rivenditori che offrono più strumenti di pagamento cashless semplici ed alternativi.

L’importanza dei dati di prima parte oltre a quelli provenienti dall’utilizzo di GPS e Google Maps, renderanno Google My Business una fonte sempre più ricca di dettagli per lo store manager, sia per i clienti occasionali che fidelizzati.

Per attrarre il cliente è obbligatorio unire i due mondi quello fisico (multisensoriale) e quello digitale (ispirazionale)

Per attrarre il cliente è obbligatorio unire i due mondi quello fisico (multisensoriale) e quello digitale (ispirazionale) per fare vivere esperienze online e in store piacevoli, il commesso deve arricchire le conoscenze del consumatore proprio come ogni blog fa nel sito e-commerce, aggiungendo una consulenza personalizzata ed approfondita, anche attraverso strumenti tecnologici.

Perchè non agevolare il livestream shopping o la visita in negozio da remoto come avviene già in Cina con Taobao, Douyin o Kuaishou ?Perchè non integrarlo con il proprio e-commerce per vedere le novità, fare due chiacchere con il nostro negozio di fiducia per poi acquistare online con un click, proprio come è già avvenuto nel mondo dell’e-fitness o della consulenza ?

La presenza social dovrà avere sempre più obiettivi qualitativi piuttosto che solo di quantità.

L’integrazione a 360° tra il commercio fisico e quello digitale sarà la chiave di volta del Retail 4.0, la presenza online può aiutarli a raggiungere i potenziali clienti che vogliono acquistare di persona a livello locale.