Un manager tedesco ha detto sul DMA "...abbiamo costruito i semafori prima di auto e strade".
Il Digital Markets Act (DMA), presentato come il vaccino del mercato digitale, si sta rivelando un boomerang per l’innovazione e la crescita tecnologica in Europa. La retorica della “concorrenza leale” e della “tutela del consumatore” nasconde una serie di potenziali disincentivi che rischiano di soffocare il progresso tecnologico nel continente europeo, favorendo paradossalmente altre regioni come le Americhe e l’Asia.
Costi di Adeguamento: Un Fardello Insopportabile per le Aziende
Il DMA impone oneri economici e burocratici significativi, non solo per i proprietari delle grandi piattaforme digitali (Core Platform System), ma anche per le PMI che oramai dipendono inevitabilmente dalle loro piattaforme. Questi costi, che comprendono investimenti in tecnologia, personale e consulenze legali, pesano enormemente sulle piccole imprese con risorse limitate, specie in Italia, un territorio composto per il 79% da imprese sotto i 9 addetti (Fonte: Istat (2021)).
Il DMA, invece di promuovere la crescita rischia di trasformarsi in un freno all’espansione delle aziende, con il rischio che i costi vengano scaricati sui consumatori.
La complessità delle nuove regole e la necessità di conformarsi a diversi obblighi (interoperabilità, trasparenza, ecc.) generano incertezza e difficoltà operative. Invece di concentrarsi sull’innovazione, le aziende sono costrette a sprecare risorse preziose per uscire dal labirinto normativo.
Interoperabilità, significa in termini pratici API ovvero costi di sviluppo di di integrazioni non accessibili a tutte le PMI.
Innovazione a Rilento: Un Incentivo alla Cautela
Le restrizioni imposte dal DMA, soprattutto per i gatekeeper, limitano l’innovazione in Europa. Le aziende, timorose di violare le nuove norme, sono più caute nel ricercare nuove opportunità e nell’investire in tecnologie emergenti. Questo atteggiamento potrebbe portare a una stagnazione del mercato e a una riduzione della competitività delle aziende europee.
I 7 Gatekeeper individuati sono: Alphabet (Google), Amazon, Apple, Booking (dal 09/2024), ByteDance (TikTok), Meta (Facebook, Instagram, WhatsApp), Microsoft. Sorprenderà l’assenza di molti brand tra cui : Samsung, X (ex Twitter), Expedia, Alibaba e Aliexpress player internazionali esclusi attualmente dalla DMA Act.
I gatekeeper, fatto salvo Booking.com, che hanno sede tutti al di fuori dell’UE svilupperanno e testeranno prima le loro soluzioni all’avanguardia al di fuori del nostro continente e l’eccessiva regolamentazione ritarderà le scelte degli utenti e la qualità dei servizi.
I gatekeeper raccolgono e controllano grandi quantità di dati, utilizzandoli per migliorare i propri servizi e per campagne pubblicitarie mirate.
Il DMA non risolve la questione della proprietà e dell’uso dei dati, potenzialmente lasciando i gatekeeper con un vantaggio competitivo insormontabile.
Fuga di Talenti e Capitali: L’Europa Perde il Treno del Progresso
La combinazione di norme stringenti e costi elevati spinge le aziende tecnologiche a investire in altre regioni, dove il contesto è più favorevole. Questa “fuga di cervelli” e capitali priva l’Europa di risorse fondamentali per l’innovazione e la crescita tecnologica, lasciandola indietro rispetto ad altre aree geografiche, creando un divario sempre più ampio tra l’Europa e il resto del mondo. La paura di incorrere in pesanti sanzioni inevitabilmente scoraggia le aziende ad introdurre nuove tecnologie nel mercato europeo.
Un’Illusione di Equità: I Giganti Diventano Ancora Più Forti
Il DMA paradossalmente rafforza il potere dei gatekeeper, trasformando gli obblighi normativi in un nuovo vantaggio competitivo. Le grandi aziende, con maggiori risorse, sarebbero in grado di gestire più facilmente i costi della conformità, marginalizzando ulteriormente le PMI che faticano a sostenere tali spese.
Invece di promuovere un mercato più equo, il DMA crea una situazione in cui solo i giganti sono in grado di sopravvivere, relegando le aziende più piccole a un ruolo marginale.
Frammentazione del Mercato: Un Ostacolo all’Armonizzazione Digitale
L’applicazione del DMA potrebbe portare a una frammentazione del mercato digitale europeo, con aziende che sviluppano prodotti e servizi specifici per il mercato UE. Questo potrebbe comportare problemi di compatibilità e difficoltà nel commercio con altre regioni.
Il DMA, invece di armonizzare il mercato digitale, potrebbe innescare un processo di balcanizzazione, creando ostacoli al libero flusso di tecnologie e servizi. Le aziende potrebbero decidere di concentrarsi su altri mercati con regole meno complesse, riducendo ulteriormente il potenziale di crescita del mercato digitale europeo.
PMI e utenti pagano il prezzo del DMA
A parte i buoni propositi del regolamento europeo, la possibilità che il trasferimento dei costi di conformità venga sostenuto da aziende e consumatori è realtà. Gli utenti, si trovano a perdere tempo in click inutili di banner volanti e le PMI ad acquistare soluzione per la gestione dei dati, digital analytics ancora imprecise e sviluppare integrazioni tra applicazioni di terze parti costose.
Invece di beneficiare della maggiore concorrenza, i consumatori si troveranno sempre meno servizi gratuiti ed a pagare di più per servizi che non sono necessariamente migliori.
Il DMA, presentato come uno strumento a tutela dei consumatori e delle imprese, si sta rivelando un peso che grava su tutta l’economia europea. Con la sua eccessiva regolamentazione e la mancanza di flessibilità, rischia di trasformarsi in un ostacolo alla crescita tecnologica in Europa.
La retorica della “tutela del consumatore” non può nascondere i gravi rischi che il DMA introduce, favorendo paradossalmente la crescita di altre regioni e lasciando l’Europa indietro nella corsa all’innovazione. Le autorità europee dovranno rivedere il DMA, affrontando le criticità e correggendo le distorsioni, prima che sia troppo tardi.
Miglioramento continuo, radicale o disruptive innovation?
Il Sony Walkman™, l’Apple Iphone ™ e Amazon Aws ™ sono tre esempi di ciò che i giapponesi chiamano “kaikaku“, ovvero un miglioramento radicale del prodotto che per i 3 brands ha significato l’apertura di nuovi mercati ed un cambio di abitudini dei consumatori.
Sono 3 esempi iconici di innovazione trasformativa nei rispettivi settori.
Il termine “Kaizen (改善)” indica un miglioramento continuo e graduale, “Kaikaku (改革)” un miglioramento radicale, “Kakushin (革新)” quando l’Innovazione dirompente e la trasformazione totale.
Ci sono momenti nella vita di una azienda in cui il cambiamento visto come un processo quotidiano di continui miglioramenti e piccole ottimizzazioni graduali non è più sufficiente.
Tra l’approccio “kaizen” della qualità totale e continua di Toyota ed uno “kakushin” di innovazione dirompente come quello di Tesla (applicata da Elon Musk in tutte le sue startup), il secondo sembra essere più profittevole.
Tesla guadagna su ogni auto più di ogni altro suo concorrente grazie al suo approccio produttivo innovativo.
Per chi è già presente nel mercato da tempo, certamente la cultura del miglioramento continuo non potrà essere abbandonata tuttavia non si può guardare con indifferenza ai nuovi player che entrano nel mercato, alla concorrenza globale dei grandi brands, al ruolo dell’innovazione tecnologica, come nel caso di cloud e intelligenza artificiale con la stessa vision dell’anno passato.
Si utilizza spesso il termine “disruptive”, per indicare quella trasformazione completa e totale che conduce l’azienda verso un nuovo un nuovo ciclo di successi e crescita duratura come l’unica possibile; a mio modesto avviso dovrebbe prevalere un approccio ibrido quello chiamato “kaikaku”, un risultato intermedio tra “kaizen” e “kakushin”.
Quando la crescita rallenta e si presentano nuove rivoluzioni tecniche (come l’AI) è obbligatorio pensare se sia opportuna: una ristrutturazione della propria infrastruttura digitale, della propria organizzazione, del customer journey, delle strategie commerciali fin’ora adottate, fino al replatforming.
Il Replatforming
Per replatforming, s’intende il processo di migrazione di un’applicazione, un sito web o un’infrastruttura digitale da una piattaforma tecnologica a un’altra, con l’obiettivo di migliorarne le prestazioni, l’efficienza e l’allineamento con le esigenze di business attuali.
Certamente, è più facile a dirsi che a farsi ma questi tempi richiedono rinnovamenti radicali, coraggiosi e piuttosto frequenti.
Il cambiamento richiede leadership, visione e coinvolgimento di tutti gli attori, anche quelli non protagonisti: l’approccio è top-down e non viceversa.
Ci sono migliaia di siti web e-commerce, nati come appendici di business tradizionali con piattaforme open source, poco budget e risorse limitatissime che funzionano ma che hanno un potenziale inespresso enorme.
Come pure per chi ha fatto investimenti importanti, spesso usa piattaforme software proprietarie ben al di sotto del 50% della loro potenzialità: per tanti motivi tra cui: inesperienza dello staff, mancanza di competenze, formazione inadeguata e/o risorse mal gestite.
Se ci si affida ad un fornitore esperto, il l’ecommerce o il replatforming e-commerce sblocca opportunità di crescita straordinarie e l’innovazione genera nuova domanda.
Quando innovare la propria piattaforma ?
Se almeno 3 di questi 10 problemi affliggono la tua piattaforma e-commerce pensa seriamente al re-platforming.
Prestazioni obsolete, ovvero quando la piattaforma attuale non supporta la crescita del business, non soddisfa le aspettative dei clienti finali e/o è al limite dell’affidabilità;
Funzionalità limitate , quando le funzionalità della piattaforma sono ridotte o troppo limitate per intraprendere nuove opportunità di marketing o iniziative di business in nuovi mercati o paesi. Oppure gli obiettivi aziendali sono cambiati a seguito di un cambio di governance.;
Costi di manutenzione elevati, quando i costi di manutenzione per mantenere e aggiornare la piattaforma attuale sono diventati insostenibili o ingiustificati;
Scalabilità insufficiente, quando il server non gestisce picchi di traffico, i nuovi requisiti di velocità richiesto ad esempio da Google oppure quando la crescita non è più lineare e l’azienda non riesce a superare gli attuali volumi di ordinativi;
Design o esperienza utente obsoleta, quando il design e/o l’esperienza utente non è più in linea con le aspettative dei clienti moderni e/o non rappresenta più il brand;
Integrazione difficile, quando il business richiede l’integrazione con piattaforme di terze parti e/o servizi necessari per il business e questa non si adatta ;
Conformità normativa. Più il peso dell’e-commerce cresce, più gli adempimenti fiscali e legali si fanno più consistenti. Alcune piattaforme costringono non sono adatte per la legislazione italiana devono rispettare per essere conforme alle nuove normative ed allo standard del settore;
Pannello di amministrazione inefficiente. Le dashboard sono fotografie del momento molto importanti, talvolta i dati mostrati non sono personalizzabili oppure in caso di operazioni ripetitive sono estremamente farraginose ;
Sicurezza, ogni sito web custodisce informazioni personali e preferenze di prodotti. Anche un solo episodio di vulnerabilità o un attacco può minare definitivamente la credibilità del sito;
Omni-canalità / multicanalità ridotta, quando l’eCommerce non dialoga con altri sistemi o applicazioni aziendali (es.: il magazzino, il marketing, una app, un punto di vendita fisico)
Le operazioni di migrazioni richiedono dai 2 mesi, nei casi più semplici, ai 12 mesi per quelle più lunghe e complesse.
Il partner governa la complessità con metodo, spesso si è confrontato con problematiche già risolte in precedenza.
Certamente come abbiamo scritto in precedenza, bisogna essere aperti al cambiamento, acquistare, noleggiare o sviluppare ex-novo una nuova piattaforma, e-commerce o non, senza definire preliminarmente i nuovi obiettivi o la strategia rischia di creare un clone tale e quale al precedente.
Il 70% dei processi di digital transformation fallisce a causa di una mancanza di comunicazione a livello organizzativo.
Nei primissimi incontri, si definiscono:
quale piattaforma e-commerce sia la più adatta, non esiste una taglia unica per tutti;
il team di lavoro e coordinamento lato azienda;
il costo della nuova piattaforma, dei costi di manutenzione o licenza, dei tempi, della migrazione, della formazione, dei test prima del go-live
gli obiettivi di design, la UI e UX;
le nuove funzionalità tra le Must-Have, Should-Have, Could-Have e Would-like-to-have
Negli ultimissimi mesi ho realizzato con il mio team re-platforming complessi per importanti clienti europei, andate live con soddisfazione di tutta la governance, rispettando timing e obiettivi.
Oltre ad aver ridotto onerosi costi di licenza e tempi lunghi di alcune operazioni, dopo 3 mesi in cui lo staff ha preso confidenza con la nuova piattaforma la soddisfazione si legge sul volto.
Brandsplace: un canale da utilizzare per smaltire resi e invenduto
Approfondiamo il tema dell’invenduto e dei resi, esplorando le opportunità a disposizione dei brands dopo il periodo dei saldi.
Nel 2021, scrivevo che il D2C avrebbe sostituito B2C: la chiusura dei punti vendita fisici causati dall’emergenza sanitaria, i problemi di liquidità da essa derivanti hanno evidenziato come l’organizzazione dei brands fosse tutto sommato fragile.
Il D2C (DTC, il Direct-to-Consumer) è un modello vincente in trasformazione: conia neologismi, spinge i colossi dell’e-commerce verso l’ibridazione di nuovi modelli di business dove i brand, già leader del commercio internazionale e protagonisti sui social diventano Seller anzichè semplici Vendor.
Ora le tensioni internazionali, congiunturali o strutturali pongono nuovi problemi a cui si aggiunge specie in Europa, una crescente sensibilità verso la sostenibilità ambientale, il re-commerce.
Il fast fashion è sotto accusa, ciò nonostante sono nati nuovi marketplace che lo esaltano.
Le parole chiavi sono: digitalizzazione, sostenibilità e omni-canalità, queste rappresentano la strategia per assicurare una crescita responsabile di un brand, in grando assorbire la sempre più ampia offerta di prodotti, invenduti, resi ed anche usati.
Avere il proprio e-commerce e essere presente contemporaneamente su marketplaces generalisti (es. Amazon, Ebay, Yoox o Zalando ecc…) non è più sufficiente! Per essere efficienti occorre la disponibilità del dato in tempo reale del prodotto su ogni canale e per essere sostenibili occorre presidiare anche i canali C2C, dell’usato e del ricondizionato.
Le soluzioni di gestionale software e-commerce che consiglio sono tutte integrate nativamente con i principali marketplace, consentono di interfacciarsi con altri store online via API, generare feed per comparatori e piattaforme pubblicitarie, come nel caso di Google Shopping e Meta, integrando anche la disponibilità in tempo reale nei singoli punti fisici, per il ritiro immediato (c.d. click-and-collect).
Gestire da un’unica piattaforma i propri prodotti, essere proprietari dei dati di clienti e prospect consente di guidare la creazione di contenuti ad hoc, con immagini e video, gestire recensioni, social media, mantenendo il pieno controllo di ogni parte del funnel (o del flywheel).
I consumatori non distinguono i confini tra i canali, conoscono il retargeting, vorrebbero un’esperienza personalizzata virtuale simile a quello acquisto fisica con i propri dispositivi tecnologici, in modo frictionless.
Il caso VeePee
L’idea di BrandsPlace, il marketplace di Veepee, conosciuto in Italia anche con il nome di Vente Privee e con Privalia, sarà presto imitata da altri ipermercati digitali. L’esperienza è più completa rispetto al Brand Store di Amazon, specie il rapporto con il cliente finale.
BrandsPlace è un marketplace nel marketplace dove i brands possono intervenire autonomamente e rapidamente a supporto della promozione delle vendite, anche in stagione con margini di manovra più ampi.
Inoltre Veepee ha lanciato due iniziative di economia circolare virtuose, uniche nel settore del fashion:
Re-cycle: attraverso il quale si permette di rimettere in circolazione gli abiti usati dei propri clienti attraverso un processo che parte dal lavaggio del capo alla foto, in cambio di un buono spesa;
Re-turn: un servizio C2C per la gestione dei resi, che consente la rivendita dei prodotti tra gli utenti della piattaforma con uno sconto aggiuntivo, riducendo i flussi logistici e l’impatto ecologico.
Segnalo per completezza anche InShop, il servizio di disponibilità in real-time a sostegno della gestione della rotazione delle scorte di magazzino.
Brandsplace
Nel brandsplace: il brand è al centro della scena, con un marketplace esclusivo all’interno di un altro, dove ha il controllo completo della propria vetrina. E’ possibile :
Presentare le proprie collezioni, sia in-season che out-season;
Gestire autonomamente promozioni e sconti;
Creare un’esperienza di brand personalizzata;
Interagire direttamente con i consumatori;
Aprire e chiudere sales in parallelo nelle varie countries.
Questo modello offre ai brand:
Maggiore controllo sull’immagine e sul messaggio del brand;
Possibilità di costruire relazioni dirette con i clienti;
Accesso ad un pubblico più ampio;
Maggiori margini di profitto.
La maggior efficienza e controllo, richiede ai brand un impegno maggiore in termini di gestione della piattaforma e servizio clienti.
La concorrenza all’interno del brandsplace è molto alta, nonostante la presenza di centinaia di brand è comunque limitata rispetto al marketplace tradizionale e generalista, che è rimane più completo: offre varie modalità di spedizione della merce, un sistema di recensioni garantito che aiuta a prendere le decisioni di acquisto, prezzi più competitivi per il consumatore e margini più ridotti per il brand.
Nei brandplace, il fulfillment (il processo di gestione degli ordini dall’acquisizione dell’ordine fino alla consegna al cliente) può essere in house, esternalizzato (come nel caso di Amazon FBA) o in dropshipping.
Quest’ultimo è molto diffuso tra gli intermediari esclusivamente commerciali, perchè consente all’azienda di non avere un proprio magazzino, nè uno stock e gli ordini dei clienti vengono inoltrati direttamente ai fornitori o produttori che spediscono direttamente al cliente finale.
Flash Sales, tutto l’anno
Le flash sales che promettevano forti sconti fino all’80% non sono più concentrate solo in alcuni periodi dell’anno, oltre ai saldi e nel black friday. Ora le vendite lampo ci sono tutte le settimane e sono uno dei tanti strumenti di marketing a disposizione per il brand per gestire l’invenduto. Sconti elevati, disponibilità ridotta su una selezione limitata di prodotti diventeranno un’attività periodica grazie alla comunicazione tra i canali.
L’adozione dei sistemi di intelligenza artificiale, chatbot e assistenti virtuali, il passaggio alla ricerca mobile e vocale sta ridisegnando gli scenari del digital marketing.
Probabilmente ciò non accadrà in maniera così repentina, ma certamente il rischio è reale, se ChatGpt proseguisse con la crescita attuale ed Apple o Microsoft decidessero di integrarlo nei rispettivi dispositivi e sistemi operativi.
Ricordo che ora Google versa 18 miliardi all’anno ad Apple per essere la ricerca predefinita di Iphone (Fonte).
Previsioni catastrofiche a parte, ciò che è certo è che il mondo delle ricerche online sta cambiando, da un modello conversazionale fatto di ricerche web desktop ci si sta dirigendo verso un web mobile, fatto di piccoli schermi, pervaso da assistenti virtuali, chatbot e sistemi di intelligenza artificiale.
A differenza dei metodi di ricerca tradizionali che richiedono la navigazione tra le pagine dei risultati di ricerca, ChatGPT e le altre tecnologie simili di intelligenza artificiale forniscono risposte dirette, conversazionali, informazioni rapide ed accurate in modo intuitivo.
Già ora ciò sta avvenendo grazie alla crescente popolarità di ChatGpt ed alla veloce adozione da parte di oltre 100 milioni utenti al mese.
Sono certo che nei prossimi mesi vedremo spoiler su vere e presunte killer application che promettono un futuro utopico per alcuni e distopico per altri.
Il web non solo pensato a come appare nei risultati di ricerca tradizionali, ma anche nelle risposte fornite da chatbot AI e agenti virtuali.
Il web dovrà incorporare nei loro contenuti parole chiave a coda lunga e domande che assomigliano a query vocali, del linguaggio naturale, per allinearsi al modo in cui le persone utilizzano sempre più la ricerca vocale integrandola con quella locale.
Questo cambiamento che è già in atto porterà a significative modifiche nelle strategie di Search Engine Marketing, sia a pagamento che organico.
“Le aziende dovranno concentrarsi su qualità ed autenticità“, ha affermato Alan Antin, Vice President Analyst di Gartner, “I contenuti dovrebbero continuare a dimostrare elementi di competenza, esperienza, autorevolezza e affidabilità”.
Alan Antin, Vice President Analyst di Gartner
Si passerà dalla SEO all’AIO, dal SEM all’AIM. Dalla Search Engine Optimization e Marketing alla Artificial Intelligence Optimization e Marketing.
Stare al passo con le nuove tendenze tecnologiche significherà perfezionare le strategie SEO per soddisfare non solo i motori di ricerca tradizionali, ma anche il modo in cui è possibile accedere ai contenuti attraverso chatbot AI e voci virtuali, garantendo alle aziende di rimanere competitive in un panorama digitale in rapidissima evoluzione.
L’aumento degli strumenti basati sull’IA generativa sta sollevando preoccupazioni sulle neutralità dei risultati, l’aumento dei costi per gli inserzionisti e gli investimenti per le imprese che dovranno affrontare per allinearsi a queste tendenze emergenti.
Google ha accelerato i programmi di integrazione dell’AI generativa nella SERP con la Search Generative Experience (SGE) e a mio avviso se non sarà obbligata ad adottarla prima, probabilmente ci vorranno ancora dai 3 ai 5 anni prima di vederla sui nostri schermi.
Se la ricerca online così come la conosciamo, fatta principalmente di query informative composte di keywords piuttosto che di thread di chat sarà di così grande portata, come si riuscirà a colmare quel gap di traffico ?
Meglio iniziare a porsi la domanda ora avvicinandosi al web 3.0, a chatbot e agenti virtuali; incominciando magari chiedendo a ChatGPT, Gemini, Claude, CoPilot & friends, cosa sa della nostra azienda o di noi.
Iniziando a costruire ora un percorso consapevole di brand reputation, riusciremo ad intervenire in tempo. Già perché la reputazione online così come le competenze, si costruiscono con il tempo, ma il dataset di informazioni della tecnologia dei prossimi anni è anche quello di oggi.
La notizia positiva è che quando qualcuno arriverà sul proprio sito web sarà più probabile che sia informato e pronto a impegnarsi in qualche modo.
L’AI diventerà sempre più pervasiva, vi sono già tecnologie wearable che andranno “pinzate” sui vestiti con una fotocamera in grado di vedere tutto quello che fai e microfoni per ascoltare. L’utente di questo dispositivo avrà un auricolare praticamente sempre nell’orecchio e da ultimo ci sarà un mini dispositivo olografico che proietterà un display sulla tua mano, in modo da permetterti di interagire con delle gesture per fargli fare altre cose fantasmagoriche.
TikTok sta testando sistemi per riconoscere gli oggetti all’interno dei video dei creators per associarli a schede di prodotto con prezzo, disponibilità e/o alternative. (Fonte)
Entro lo stesso anno, Gartner profetizza che oltre l’80% delle aziende utilizzerà API o modelli di IA generativa e li distribuirà nelle applicazioni in ambienti di produzione. L’IA generativa secondo la società di consulenza americana sta diventando una priorità per i C-manager in tutti i settori.
Il digital twin si riferisce a un programma informatico che, basandosi su dati raccolti da un sistema reale, è in grado di rappresentare in modo sintetico ma accurato il corrispondente gemello fisico.
Per calarci subito nella realtà odierna, per ogni auto prodotta da Tesla esiste un gemello digitale in fabbrica; i dati raccolti dai sensori presenti sull’autovetture vengo trasmessi alla casa madre per essere analizzati da algoritmi di intelligenza artificiale e correggere eventuali malfunzionamenti strutturali.
Digital Twin Tesla
Il termine “Digital Twin” viene attribuita Michael Grieves, ricercatore e professore presso l’Università del Michigan che lo utilizzo nel 2011 per intendere repliche digitali di sistemi fisici molto dettagliati, “…dal livello micro atomico al livello macro geometrico”.
Questa rappresentazione avviene attraverso visualizzazioni che utilizzano modelli tridimensionali, grafici, curve e cruscotti informativi, sensori (IOT) che in tempo reale lo aggiornano.
Il digital twin viene utilizzato per prevedere malfunzionamenti, migliorare il modello, renderlo sostenibile, oltre a ridurre tempi e i costi. La monitorizzazione in tempo reale ti consente di analizzare e simulare l’oggetto fisico o il processo in un ambiente virtuale.
I Digital Twin sono l’evoluzione di un modello BIM, perché i cloni digitali sono dinamici vengono alimentati da ulteriori fonti di dati per essere funzionali.
I modelli digitali vengono oramai utilizzati in tutti gli ambiti, dall’ingegneria alla sanità, dall’energia alle smart city, dall’edilizia al retail, la riproduzione di un modello fisico ha consentito di valutare da un punto di vista differente l’impatto nella realtà, spesso ha cambiato l’idea stessa del prodotto.
Il Comune di Bologna ha investito 7 milioni di euro per sviluppare un gemello digitale della città, un modello virtuale, una piattaforma web che raccoglie valorizzare anche l’interazione privata per ottenere benefici pubblici, analizza dati sulla città fisica al fine di renderla pronta ad affrontare crisi e nuove esigenze.
Questo progetto innovativo, realizzato in collaborazione con l’Università di Bologna e la Fondazione Bruno Kessler, posiziona Bologna come un pioniere in Italia e segue l’esempio di città internazionali come Zurigo e Singapore.
Il gemello digitale rappresenta una scommessa per sistemi complessi come una città, consentendo il monitoraggio e l’interazione in tempo reale con l’ambiente fisico tramite l’Internet delle cose (IoT) e l’elaborazione dei dati.
Digital twin e digital marketing
Uno studio di Atos Italia e The European House – Ambrosetti ha quantificato in 12 miliardi di euro il volume d’affari che i Digital Twins potrebbero generare solo in Italia, consentendo di abbattere le emissioni del 7% rispetto ai valori del 2021. Ne è convinta anche ABB, la personalizzazione dell’esperienza di vendita sarà uno dei trend che rivoluzionerà la logistica nei prossimi anni.
L’incontro di tecnologie come la prototipazione rapida grazie alle stampanti 3D, esperienze di formazione in 3D interattive o in realtà aumentata o virtuale (AR e VR), il Metaverso, l’intelligenza artificiale lo hanno consacrato come un megatrend dell’innovazione del prossimo decennio.
Abbiamo già parlato di 3D nei siti di e-commerce, di showroom o camerini virtuali in VR, i rivenditori possono utilizzare i gemelli digitali per aumentare la conversione.
Immagini di marketing fotorealistiche – per virtualizzare le pipeline di creazione di contenuti di marketing.
Camerini prova virtuali.
Showroom virtuali.
Il clone digitale, infatti, consente ai rivenditori di modellare asset, magazzini, flussi logistici e di materiali, posizioni di inventario, persone e processi. I dati di acquisto dei clienti, ad esempio, possono aiutare le aziende a fare migliori previsioni sul comportamento dei consumatori e aiutarle a sviluppare una strategia personalizzata all’individuo.
Secondo le previsioni di McKinsey, dal “semplice” gemello digitale di un singolo asset la tecnologia si sta evolvendo verso modelli digitali sempre più complessi e connessi, in cui ogni asset, processo e persona all’interno dell’impresa, o ad essa collegata, avrà una sua replica virtuale.
I Digital Twin sono infatti visti come il “motore” di un’altra tecnologia che ha il potenziale di essere un game changer per l’industria: il metaverso aziendale, un ambiente digitale e spesso immersivo che riproduce e collega ogni aspetto di un’organizzazione per ottimizzare le esperienze e il processo decisionale.
Si tratta, è bene specificarlo, di una tecnologia che non ha ancora raggiunto la piena maturità. Per la piena realizzazione del Metaverso occorrerà lavorare e fare chiarezza su alcuni punti fondamentali: il miglioramento della user experience all’interno dei mondi virtuali, in termini ad esempio di qualità grafica, fluidità dei movimenti e modalità di comunicazione e interazione tra gli utenti; la capacità di popolare questi mondi; la tecnologia e, soprattutto, l’interoperabilità tra mondi virtuali con la definizione di standard condivisi. Tuttavia, già diverse aziende hanno iniziato a implementare progetti di metaverso industriale, riscontrando risultati superiori alle aspettative in termini di riduzione delle spese di
Operazioni – I gemelli digitali dei negozi possono aiutare nello sviluppo di applicazioni per migliorare l’efficienza operativa, dal checkout autonomo alla navigazione intelligente in-store. Nello specifico ramo dello shopping interattivo di lusso, che completano le esperienze premium in-store, questi sono i principali casi d’uso dei digital twins: Quando il modello in bit è pronto, attraverso vari tipi di macchine (per esempio stampanti tridimensionali e robot) si convertono i bit in atomi e si ottiene il prodotto.
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