Miglioramento continuo, radicale o disruptive innovation?
Il Sony Walkman™, l’Apple Iphone ™ e Amazon Aws ™ sono tre esempi di ciò che i giapponesi chiamano “kaikaku“, ovvero un miglioramento radicale del prodotto che per i 3 brands ha significato l’apertura di nuovi mercati ed un cambio di abitudini dei consumatori.
Sono 3 esempi iconici di innovazione trasformativa nei rispettivi settori.
Ci sono momenti nella vita di una azienda in cui il cambiamento visto come un processo quotidiano di continui miglioramenti e piccole ottimizzazioni graduali non è più sufficiente.
Tra l’approccio “kaizen” della qualità totale e continua di Toyota ed uno “kakushin” di innovazione dirompente come quello di Tesla (applicata da Elon Musk in tutte le sue startup), il secondo sembra essere più profittevole.
Per chi è già presente nel mercato da tempo, certamente la cultura del miglioramento continuo non potrà essere abbandonata tuttavia non si può guardare con indifferenza ai nuovi player che entrano nel mercato, alla concorrenza globale dei grandi brands, al ruolo dell’innovazione tecnologica, come nel caso di cloud e intelligenza artificiale con la stessa vision dell’anno passato.
Si utilizza spesso il termine “disruptive”, per indicare quella trasformazione completa e totale che conduce l’azienda verso un nuovo un nuovo ciclo di successi e crescita duratura come l’unica possibile; a mio modesto avviso dovrebbe prevalere un approccio ibrido quello chiamato “kaikaku”, un risultato intermedio tra “kaizen” e “kakushin”.
Quando la crescita rallenta e si presentano nuove rivoluzioni tecniche (come l’AI) è obbligatorio pensare se sia opportuna: una ristrutturazione della propria infrastruttura digitale, della propria organizzazione, del customer journey, delle strategie commerciali fin’ora adottate, fino al replatforming.
Il Replatforming
Per replatforming, s’intende il processo di migrazione di un’applicazione, un sito web o un’infrastruttura digitale da una piattaforma tecnologica a un’altra, con l’obiettivo di migliorarne le prestazioni, l’efficienza e l’allineamento con le esigenze di business attuali.
Certamente, è più facile a dirsi che a farsi ma questi tempi richiedono rinnovamenti radicali, coraggiosi e piuttosto frequenti.
Il cambiamento richiede leadership, visione e coinvolgimento di tutti gli attori, anche quelli non protagonisti: l’approccio è top-down e non viceversa.
Se ci si affida ad un fornitore esperto, il l’ecommerce o il replatforming e-commerce sblocca opportunità di crescita straordinarie e l’innovazione genera nuova domanda.
Quando innovare la propria piattaforma ?
Se almeno 3 di questi 10 problemi affliggono la tua piattaforma e-commerce pensa seriamente al re-platforming.
Prestazioni obsolete, ovvero quando la piattaforma attuale non supporta la crescita del business, non soddisfa le aspettative dei clienti finali e/o è al limite dell’affidabilità;
Funzionalità limitate , quando le funzionalità della piattaforma sono ridotte o troppo limitate per intraprendere nuove opportunità di marketing o iniziative di business in nuovi mercati o paesi. Oppure gli obiettivi aziendali sono cambiati a seguito di un cambio di governance.;
Costi di manutenzione elevati, quando i costi di manutenzione per mantenere e aggiornare la piattaforma attuale sono diventati insostenibili o ingiustificati;
Scalabilità insufficiente, quando il server non gestisce picchi di traffico, i nuovi requisiti di velocità richiesto ad esempio da Google oppure quando la crescita non è più lineare e l’azienda non riesce a superare gli attuali volumi di ordinativi;
Design o esperienza utente obsoleta, quando il design e/o l’esperienza utente non è più in linea con le aspettative dei clienti moderni e/o non rappresenta più il brand;
Integrazione difficile, quando il business richiede l’integrazione con piattaforme di terze parti e/o servizi necessari per il business e questa non si adatta ;
Conformità normativa. Più il peso dell’e-commerce cresce, più gli adempimenti fiscali e legali si fanno più consistenti. Alcune piattaforme costringono non sono adatte per la legislazione italiana devono rispettare per essere conforme alle nuove normative ed allo standard del settore;
Pannello di amministrazione inefficiente. Le dashboard sono fotografie del momento molto importanti, talvolta i dati mostrati non sono personalizzabili oppure in caso di operazioni ripetitive sono estremamente farraginose ;
Sicurezza, ogni sito web custodisce informazioni personali e preferenze di prodotti. Anche un solo episodio di vulnerabilità o un attacco può minare definitivamente la credibilità del sito;
Omni-canalità / multicanalità ridotta, quando l’eCommerce non dialoga con altri sistemi o applicazioni aziendali (es.: il magazzino, il marketing, una app, un punto di vendita fisico)
Il partner governa la complessità con metodo, spesso si è confrontato con problematiche già risolte in precedenza.
Certamente come abbiamo scritto in precedenza, bisogna essere aperti al cambiamento, acquistare, noleggiare o sviluppare ex-novo una nuova piattaforma, e-commerce o non, senza definire preliminarmente i nuovi obiettivi o la strategia rischia di creare un clone tale e quale al precedente.
Il 70% dei processi di digital transformation fallisce a causa di una mancanza di comunicazione a livello organizzativo.
Nei primissimi incontri, si definiscono:
quale piattaforma e-commerce sia la più adatta, non esiste una taglia unica per tutti;
il team di lavoro e coordinamento lato azienda;
il costo della nuova piattaforma, dei costi di manutenzione o licenza, dei tempi, della migrazione, della formazione, dei test prima del go-live
gli obiettivi di design, la UI e UX;
le nuove funzionalità tra le Must-Have, Should-Have, Could-Have e Would-like-to-have
Negli ultimissimi mesi ho realizzato con il mio team re-platforming complessi per importanti clienti europei, andate live con soddisfazione di tutta la governance, rispettando timing e obiettivi.
Oltre ad aver ridotto onerosi costi di licenza e tempi lunghi di alcune operazioni, dopo 3 mesi in cui lo staff ha preso confidenza con la nuova piattaforma la soddisfazione si legge sul volto.
Brandsplace: un canale da utilizzare per smaltire resi e invenduto
Approfondiamo il tema dell’invenduto e dei resi, esplorando le opportunità a disposizione dei brands dopo il periodo dei saldi.
Nel 2021, scrivevo che il D2C avrebbe sostituito B2C: la chiusura dei punti vendita fisici causati dall’emergenza sanitaria, i problemi di liquidità da essa derivanti hanno evidenziato come l’organizzazione dei brands fosse tutto sommato fragile.
Il D2C (DTC, il Direct-to-Consumer) è un modello vincente in trasformazione: conia neologismi, spinge i colossi dell’e-commerce verso l’ibridazione di nuovi modelli di business dove i brand, già leader del commercio internazionale e protagonisti sui social diventano Seller anzichè semplici Vendor.
Ora le tensioni internazionali, congiunturali o strutturali pongono nuovi problemi a cui si aggiunge specie in Europa, una crescente sensibilità verso la sostenibilità ambientale, il re-commerce.
Il fast fashion è sotto accusa, ciò nonostante sono nati nuovi marketplace che lo esaltano.
Le parole chiavi sono: digitalizzazione, sostenibilità e omni-canalità, queste rappresentano la strategia per assicurare una crescita responsabile di un brand, in grando assorbire la sempre più ampia offerta di prodotti, invenduti, resi ed anche usati.
Avere il proprio e-commerce e essere presente contemporaneamente su marketplaces generalisti (es. Amazon, Ebay, Yoox o Zalando ecc…) non è più sufficiente! Per essere efficienti occorre la disponibilità del dato in tempo reale del prodotto su ogni canale e per essere sostenibili occorre presidiare anche i canali C2C, dell’usato e del ricondizionato.
Le soluzioni di gestionale software e-commerce che consiglio sono tutte integrate nativamente con i principali marketplace, consentono di interfacciarsi con altri store online via API, generare feed per comparatori e piattaforme pubblicitarie, come nel caso di Google Shopping e Meta, integrando anche la disponibilità in tempo reale nei singoli punti fisici, per il ritiro immediato (c.d. click-and-collect).
Gestire da un’unica piattaforma i propri prodotti, essere proprietari dei dati di clienti e prospect consente di guidare la creazione di contenuti ad hoc, con immagini e video, gestire recensioni, social media, mantenendo il pieno controllo di ogni parte del funnel (o del flywheel).
I consumatori non distinguono i confini tra i canali, conoscono il retargeting, vorrebbero un’esperienza personalizzata virtuale simile a quello acquisto fisica con i propri dispositivi tecnologici, in modo frictionless.
Il caso VeePee
L’idea di BrandsPlace, il marketplace di Veepee, conosciuto in Italia anche con il nome di Vente Privee e con Privalia, sarà presto imitata da altri ipermercati digitali. L’esperienza è più completa rispetto al Brand Store di Amazon, specie il rapporto con il cliente finale.
BrandsPlace è un marketplace nel marketplace dove i brands possono intervenire autonomamente e rapidamente a supporto della promozione delle vendite, anche in stagione con margini di manovra più ampi.
Inoltre Veepee ha lanciato due iniziative di economia circolare virtuose, uniche nel settore del fashion:
Re-cycle: attraverso il quale si permette di rimettere in circolazione gli abiti usati dei propri clienti attraverso un processo che parte dal lavaggio del capo alla foto, in cambio di un buono spesa;
Re-turn: un servizio C2C per la gestione dei resi, che consente la rivendita dei prodotti tra gli utenti della piattaforma con uno sconto aggiuntivo, riducendo i flussi logistici e l’impatto ecologico.
Segnalo per completezza anche InShop, il servizio di disponibilità in real-time a sostegno della gestione della rotazione delle scorte di magazzino.
Brandsplace
Nel brandsplace: il brand è al centro della scena, con un marketplace esclusivo all’interno di un altro, dove ha il controllo completo della propria vetrina. E’ possibile :
Presentare le proprie collezioni, sia in-season che out-season;
Gestire autonomamente promozioni e sconti;
Creare un’esperienza di brand personalizzata;
Interagire direttamente con i consumatori;
Aprire e chiudere sales in parallelo nelle varie countries.
Questo modello offre ai brand:
Maggiore controllo sull’immagine e sul messaggio del brand;
Possibilità di costruire relazioni dirette con i clienti;
Accesso ad un pubblico più ampio;
Maggiori margini di profitto.
La maggior efficienza e controllo, richiede ai brand un impegno maggiore in termini di gestione della piattaforma e servizio clienti.
La concorrenza all’interno del brandsplace è molto alta, nonostante la presenza di centinaia di brand è comunque limitata rispetto al marketplace tradizionale e generalista, che è rimane più completo: offre varie modalità di spedizione della merce, un sistema di recensioni garantito che aiuta a prendere le decisioni di acquisto, prezzi più competitivi per il consumatore e margini più ridotti per il brand.
Nei brandplace, il fulfillment (il processo di gestione degli ordini dall’acquisizione dell’ordine fino alla consegna al cliente) può essere in house, esternalizzato (come nel caso di Amazon FBA) o in dropshipping.
Quest’ultimo è molto diffuso tra gli intermediari esclusivamente commerciali, perchè consente all’azienda di non avere un proprio magazzino, nè uno stock e gli ordini dei clienti vengono inoltrati direttamente ai fornitori o produttori che spediscono direttamente al cliente finale.
Flash Sales, tutto l’anno
Le flash sales che promettevano forti sconti fino all’80% non sono più concentrate solo in alcuni periodi dell’anno, oltre ai saldi e nel black friday. Ora le vendite lampo ci sono tutte le settimane e sono uno dei tanti strumenti di marketing a disposizione per il brand per gestire l’invenduto. Sconti elevati, disponibilità ridotta su una selezione limitata di prodotti diventeranno un’attività periodica grazie alla comunicazione tra i canali.
L’adozione dei sistemi di intelligenza artificiale, chatbot e assistenti virtuali, il passaggio alla ricerca mobile e vocale sta ridisegnando gli scenari del digital marketing.
Probabilmente ciò non accadrà in maniera così repentina, ma certamente il rischio è reale, se ChatGpt proseguisse con la crescita attuale ed Apple o Microsoft decidessero di integrarlo nei rispettivi dispositivi e sistemi operativi.
Ricordo che ora Google versa 18 miliardi all’anno ad Apple per essere la ricerca predefinita di Iphone (Fonte).
Previsioni catastrofiche a parte, ciò che è certo è che il mondo delle ricerche online sta cambiando, da un modello conversazionale fatto di ricerche web desktop ci si sta dirigendo verso un web mobile, fatto di piccoli schermi, pervaso da assistenti virtuali, chatbot e sistemi di intelligenza artificiale.
A differenza dei metodi di ricerca tradizionali che richiedono la navigazione tra le pagine dei risultati di ricerca, ChatGPT e le altre tecnologie simili di intelligenza artificiale forniscono risposte dirette, conversazionali, informazioni rapide ed accurate in modo intuitivo.
Già ora ciò sta avvenendo grazie alla crescente popolarità di ChatGpt ed alla veloce adozione da parte di oltre 100 milioni utenti al mese.
Sono certo che nei prossimi mesi vedremo spoiler su vere e presunte killer application che promettono un futuro utopico per alcuni e distopico per altri.
Il web non solo pensato a come appare nei risultati di ricerca tradizionali, ma anche nelle risposte fornite da chatbot AI e agenti virtuali.
Il web dovrà incorporare nei loro contenuti parole chiave a coda lunga e domande che assomigliano a query vocali, del linguaggio naturale, per allinearsi al modo in cui le persone utilizzano sempre più la ricerca vocale integrandola con quella locale.
Questo cambiamento che è già in atto porterà a significative modifiche nelle strategie di Search Engine Marketing, sia a pagamento che organico.
“Le aziende dovranno concentrarsi su qualità ed autenticità“, ha affermato Alan Antin, Vice President Analyst di Gartner, “I contenuti dovrebbero continuare a dimostrare elementi di competenza, esperienza, autorevolezza e affidabilità”.
Alan Antin, Vice President Analyst di Gartner
Si passerà dalla SEO all’AIO, dal SEM all’AIM. Dalla Search Engine Optimization e Marketing alla Artificial Intelligence Optimization e Marketing.
Stare al passo con le nuove tendenze tecnologiche significherà perfezionare le strategie SEO per soddisfare non solo i motori di ricerca tradizionali, ma anche il modo in cui è possibile accedere ai contenuti attraverso chatbot AI e voci virtuali, garantendo alle aziende di rimanere competitive in un panorama digitale in rapidissima evoluzione.
L’aumento degli strumenti basati sull’IA generativa sta sollevando preoccupazioni sulle neutralità dei risultati, l’aumento dei costi per gli inserzionisti e gli investimenti per le imprese che dovranno affrontare per allinearsi a queste tendenze emergenti.
Google ha accelerato i programmi di integrazione dell’AI generativa nella SERP con la Search Generative Experience (SGE) e a mio avviso se non sarà obbligata ad adottarla prima, probabilmente ci vorranno ancora dai 3 ai 5 anni prima di vederla sui nostri schermi.
Se la ricerca online così come la conosciamo, fatta principalmente di query informative composte di keywords piuttosto che di thread di chat sarà di così grande portata, come si riuscirà a colmare quel gap di traffico ?
Meglio iniziare a porsi la domanda ora avvicinandosi al web 3.0, a chatbot e agenti virtuali; incominciando magari chiedendo a ChatGPT, Gemini, Claude, CoPilot & friends, cosa sa della nostra azienda o di noi.
Iniziando a costruire ora un percorso consapevole di brand reputation, riusciremo ad intervenire in tempo. Già perché la reputazione online così come le competenze, si costruiscono con il tempo, ma il dataset di informazioni della tecnologia dei prossimi anni è anche quello di oggi.
La notizia positiva è che quando qualcuno arriverà sul proprio sito web sarà più probabile che sia informato e pronto a impegnarsi in qualche modo.
L’AI diventerà sempre più pervasiva, vi sono già tecnologie wearable che andranno “pinzate” sui vestiti con una fotocamera in grado di vedere tutto quello che fai e microfoni per ascoltare. L’utente di questo dispositivo avrà un auricolare praticamente sempre nell’orecchio e da ultimo ci sarà un mini dispositivo olografico che proietterà un display sulla tua mano, in modo da permetterti di interagire con delle gesture per fargli fare altre cose fantasmagoriche.
TikTok sta testando sistemi per riconoscere gli oggetti all’interno dei video dei creators per associarli a schede di prodotto con prezzo, disponibilità e/o alternative. (Fonte)
Entro lo stesso anno, Gartner profetizza che oltre l’80% delle aziende utilizzerà API o modelli di IA generativa e li distribuirà nelle applicazioni in ambienti di produzione. L’IA generativa secondo la società di consulenza americana sta diventando una priorità per i C-manager in tutti i settori.
Il digital twin si riferisce a un programma informatico che, basandosi su dati raccolti da un sistema reale, è in grado di rappresentare in modo sintetico ma accurato il corrispondente gemello fisico.
Per calarci subito nella realtà odierna, per ogni auto prodotta da Tesla esiste un gemello digitale in fabbrica; i dati raccolti dai sensori presenti sull’autovetture vengo trasmessi alla casa madre per essere analizzati da algoritmi di intelligenza artificiale e correggere eventuali malfunzionamenti strutturali.
Il termine “Digital Twin” viene attribuita Michael Grieves, ricercatore e professore presso l’Università del Michigan che lo utilizzo nel 2011 per intendere repliche digitali di sistemi fisici molto dettagliati, “…dal livello micro atomico al livello macro geometrico”.
Questa rappresentazione avviene attraverso visualizzazioni che utilizzano modelli tridimensionali, grafici, curve e cruscotti informativi, sensori (IOT) che in tempo reale lo aggiornano.
I Digital Twin sono l’evoluzione di un modello BIM, perché i cloni digitali sono dinamici vengono alimentati da ulteriori fonti di dati per essere funzionali.
I modelli digitali vengono oramai utilizzati in tutti gli ambiti, dall’ingegneria alla sanità, dall’energia alle smart city, dall’edilizia al retail, la riproduzione di un modello fisico ha consentito di valutare da un punto di vista differente l’impatto nella realtà, spesso ha cambiato l’idea stessa del prodotto.
Il Comune di Bologna ha investito 7 milioni di euro per sviluppare un gemello digitale della città, un modello virtuale, una piattaforma web che raccoglie valorizzare anche l’interazione privata per ottenere benefici pubblici, analizza dati sulla città fisica al fine di renderla pronta ad affrontare crisi e nuove esigenze.
Questo progetto innovativo, realizzato in collaborazione con l’Università di Bologna e la Fondazione Bruno Kessler, posiziona Bologna come un pioniere in Italia e segue l’esempio di città internazionali come Zurigo e Singapore.
Il gemello digitale rappresenta una scommessa per sistemi complessi come una città, consentendo il monitoraggio e l’interazione in tempo reale con l’ambiente fisico tramite l’Internet delle cose (IoT) e l’elaborazione dei dati.
Digital twin e digital marketing
Uno studio di Atos Italia e The European House – Ambrosetti ha quantificato in 12 miliardi di euro il volume d’affari che i Digital Twins potrebbero generare solo in Italia, consentendo di abbattere le emissioni del 7% rispetto ai valori del 2021. Ne è convinta anche ABB, la personalizzazione dell’esperienza di vendita sarà uno dei trend che rivoluzionerà la logistica nei prossimi anni.
L’incontro di tecnologie come la prototipazione rapida grazie alle stampanti 3D, esperienze di formazione in 3D interattive o in realtà aumentata o virtuale (AR e VR), il Metaverso, l’intelligenza artificiale lo hanno consacrato come un megatrend dell’innovazione del prossimo decennio.
Abbiamo già parlato di 3D nei siti di e-commerce, di showroom o camerini virtuali in VR, i rivenditori possono utilizzare i gemelli digitali per aumentare la conversione.
Immagini di marketing fotorealistiche – per virtualizzare le pipeline di creazione di contenuti di marketing.
Camerini prova virtuali.
Showroom virtuali.
Il clone digitale, infatti, consente ai rivenditori di modellare asset, magazzini, flussi logistici e di materiali, posizioni di inventario, persone e processi. I dati di acquisto dei clienti, ad esempio, possono aiutare le aziende a fare migliori previsioni sul comportamento dei consumatori e aiutarle a sviluppare una strategia personalizzata all’individuo.
Secondo le previsioni di McKinsey, dal “semplice” gemello digitale di un singolo asset la tecnologia si sta evolvendo verso modelli digitali sempre più complessi e connessi, in cui ogni asset, processo e persona all’interno dell’impresa, o ad essa collegata, avrà una sua replica virtuale.
I Digital Twin sono infatti visti come il “motore” di un’altra tecnologia che ha il potenziale di essere un game changer per l’industria: il metaverso aziendale, un ambiente digitale e spesso immersivo che riproduce e collega ogni aspetto di un’organizzazione per ottimizzare le esperienze e il processo decisionale.
Si tratta, è bene specificarlo, di una tecnologia che non ha ancora raggiunto la piena maturità. Per la piena realizzazione del Metaverso occorrerà lavorare e fare chiarezza su alcuni punti fondamentali: il miglioramento della user experience all’interno dei mondi virtuali, in termini ad esempio di qualità grafica, fluidità dei movimenti e modalità di comunicazione e interazione tra gli utenti; la capacità di popolare questi mondi; la tecnologia e, soprattutto, l’interoperabilità tra mondi virtuali con la definizione di standard condivisi. Tuttavia, già diverse aziende hanno iniziato a implementare progetti di metaverso industriale, riscontrando risultati superiori alle aspettative in termini di riduzione delle spese di
Operazioni – I gemelli digitali dei negozi possono aiutare nello sviluppo di applicazioni per migliorare l’efficienza operativa, dal checkout autonomo alla navigazione intelligente in-store. Nello specifico ramo dello shopping interattivo di lusso, che completano le esperienze premium in-store, questi sono i principali casi d’uso dei digital twins: Quando il modello in bit è pronto, attraverso vari tipi di macchine (per esempio stampanti tridimensionali e robot) si convertono i bit in atomi e si ottiene il prodotto.
Sarà un gemello digitale del mondo reale, una moda passeggera?
Sono settimane che viene spiegato il Metaverso in TV; non è chiaro se sia una strategia per sostenere la visione di Zuckerberg o i bilanci di Meta.
La spinta dei grandi brand Adidas, Nike, Coca-Cola, Gucci, LVMH verso il Web3, sta trasformando il Metaverso in qualcosa di mainstream, che non riguarda più solo giochi e spazi social, ma già ora raggiunge i nuovi canali di acquisto.
L’integrazione dell’AR (Augmented Reality — Realtà aumentata) rappresenta una realtà estesa dell’e-commerce, non solo un’opportunità di differenziazione ma anche uno strumento che accorcia i cicli di vendita e consente ai canali online di crescere in segmenti tradizionalmente dominati dalla vendita in store, fornendo un’esperienza di acquisto coinvolgente con un catalogo potenzialmente infinito, o con la possibilità di partecipare a eventi dal vivo ospitati all’interno del Metaverso.
Alcuni marchi stanno sperimentando attivamente la vendita di prodotti virtuali e/o di realtà ibrida che collegano il mondo virtuale e quello fisico.
Per il momento, Sales e Marketing provano a conquistare attraverso l’E-commerce Metaverse, nuovi clienti; una generazione di nativi digitali e early adopter, a proprio agio con l’economia dei beni digitali.
I brand, con l’ossessione di fornire un’esperienza di acquisto unica, hanno realizzato e-commerce con funzioni di ricerca basati sull’AI, con informazioni dettagliate sui prodotti, condivisione social originali e semplicissime, recensioni, pagamenti facili e sicuri, consegne veloci, ma soprattutto, esperienze d’acquisto iper-personalizzate.
Il fattore chiave del crescente interesse attorno al Metaverso è rappresentato dalla tecnologia AR, anche se privacy e sicurezza dei dati rappresentato seri ostacoli alla crescita del mercato; le previsioni di Boston Consulting Group sono impressionanti. Negli Stati Uniti, dove ci si attende la maggiore espansione, Amazon.com sta già incorporando VR e AR nella sua esperienza di acquisto.
Anche Alibaba.com ha inserito la realtà aumentata tra i grandi trend dell’e-commerce. La sovrapposizione dei contenuti digitali al mondo fisico, potrà consentire di indossare vestiti virtuali, provare o visualizzare i prodotti in 3D prima di effettuare l’acquisto, con l’intenzione di ridurre efficacemente i resi, uno dei maggiori costi per i brand.
L’app di IKEA consente ai clienti di posizionare mobili virtuali nei loro appartamenti, ma ci sono anche aziende che hanno strutturato programmi di fidelizzazione basati su NFT (Token Non Fungibili), in grado di offrire risorse digitali unici con vantaggi VIP, contenuti immersivi unici, inviti ad eventi esclusivi, sconti personalizzati sui prodotti e molto altro ancora.
Da anni, si parla delle nuove esperienze che consumatore desidererebbe vivere nel punto vendita e se il web 2.0, quello attuale, dove l’e-commerce è scollegato dalla fisicità dello shopping di persona con il Web 3.0 si colmerà queste questa lacuna ed il Metaverso diventerà uno spazio digitale dinamico e immersivo, cross-platform migliorato grazie realtà virtuale (VR), realtà aumentata (AR), NFT e altre tecnologie finanziarie decentralizzate.
Per il momento i CEO stanno proteggendo i loro brand pensando al Metaverso più come un territorio fisico e unico da conquistare prima di altri concorrenti. Victoria’s Secret ha presentato nuove domande di marchio per vendere “lingerie virtuale, calzature e accessori moda”. L’Oréal, il prestigioso marchio globale di cosmetici ha depositato 17 nuovi brevetti: offrirà negozi di bellezza virtuali con cosmetici virtuali, preparazioni per il trucco e forse anche avatar nel Metaverso.
Al momento le piattaforme di simil-pseudo-fanta Metaverso sono centralizzate: ovvero costruite, governate e monetizzate da un’unica istituzione. La borsa digitale firmata Gucci, venduta su una di queste piattaforme (Roblox*) è stato venduta per 350.000 Robux, l’equivalente di 4.115 Dollari che tuttavia l’acquirente non può utilizzare, vendere o scambiare al di fuori della stessa piattaforma.
Va ricordato tuttavia, che tramite smart-contract, i marchi possono acquisire royalties, dal 5% al 10% del valore della transazione quando gli NFT vengono rivenduti. E ciò che accaduto a Dolce & Gabbana che hanno generato 5 milioni di dollari in transazioni primarie.
*Roblox ha circa 58 milioni di utenti giornalieri attivi, ciascuno trascorre una media di 2,6 ore al giorno. Nel 2021, gli utenti hanno inviato 2,5 miliardi di messaggi al giorno.
In futuro ci si attende una piattaforma open source, controllata dagli utenti e garantita da blockchain.
Dal 1° luglio 2023 il principale e più conosciuto strumento di web analytics, Google Universal Analytics 3 (UA) verrà sostituito da Google Analytics 4 (GA4); ciò significa che chi entro il 30 giugno 2022 non avrà attivato il nuovo servizio gratuito di Google, l’anno prossimo al momento del pensionamento di Universal Analytics non troverà i dati storici da confrontare. Stessa sorte per chi usa Universal Analytics 360.
Oltre alla comunicazione ufficiale di Big G sulla migrazione a GA4, negli ultimi mesi si sono rincorse numerose notizie e ipotizzati scenari come fronteggiare la scomparsa dei cookies di terze parti, mantenendo o addirittura migliorando le opportunità di tracciamento attuali.
A causa della sentenza Schrems 2, l’esportazione dei dati degli utenti cittadini dell’UE negli USA è stata immediatamente vietata e questo ha obbligato le Ad company a cambiare rotta, ripensando interamente il modello di integrazioni tra browser e sito web, e i tool di analitica.
Nonostante i garanti per la protezioni dei dati personali di alcuni paesi europei abbiano attenuato la portata del provvedimento della Corte di Giustizia Europea imponendo l’anonimizzazione dell’IP e la disabilitazione delle funzioni di remarketing, le aziende proprietarie dei client come Apple Safari, Firefox e Microsoft Edge che rappresentano circa il 40% del traffico ed il 34% del fatturato e-commerce italiano hanno anticipato le decisioni delle Authority disabilitando già delle nuove release: l’audience targeting, il remarketing ed il tracking delle conversioni di adv “sporche”.
Per prepararci al futuro è fondamentale muoversi ora, perché le attività da porre in campo sono diverse, richiedono tempo, la programmazione di investimenti economici, ricordando che i dati persi non potranno più essere recuperati.
Ecco 5 step da cui partire:
1. Aggiornare tutti i tag di advertising e analytics all’ultima versione disponibile;
2. Installare una Consent Management Platform, ovvero una piattaforma di gestione del consenso conforme allo standard IAB TCF 2, il Transparency & Consent Framework conforme al GDPR sviluppato in modalità collaborativa da oltre 650 aziende del settore digital e new media, come CookieBot ad esempio;
3. Implementare il Google Consent Mode (https://support.google.com/analytics/answer/9976101?hl=it) , la soluzione del colosso americano per chi non accetta la profilazione e che gestisce il modello dati delle conversioni attraverso il Machine Learning;
5. Implementare le Facebook Conversion Api, il più grande social network al mondo ha creato una soluzione per identificare gli eventi compiuti da visitatori e acquirenti. Il pixel di tracciamento consentirà ai proprietari di siti web e/o inserzionisti, colpiti primi dall’ITP Intelligent Tracking Prevention (ITP) di Apple e poi dal ban dei devices Apple a partire dalle versioni IOS 14.5 di essere conforme alla normativa GDPR.
Appare chiaro quindi che le piattaforme B2C (es. sito e-commerce, ma non solo) dovranno avere una gestione rigorosa e globale dei dati dei propri clienti, che integri oltre al loro consenso, tutte le operazioni che svolgono online (e offline). Le Customer Data Platform sono già una realtà e diventeranno fondamentali se si desidera integrare sito web, eventi dei clienti/leads e per ottimizzare investimenti in marketing e digital ads.
I canali di comunicazione di direct marketing come newsletter e sms non sono coinvolti da questa rivoluzione, probabilmente le piattaforme di Programmatic Adv saranno quelle più colpite.
Se la battaglia probabilmente tra le Ad Company proseguirà a colpi di browser sempre più sicuri e privacy compliant (ndr Chrome ha dichiarato che eliminerà cookie di terze parti a partire da metà 2023), 8 su 10 marketer (900 intervistati) hanno dichiarato che l’accesso ai dati di prima parte sarà l’unica strategia per avere successo nel digital marketing.
L’accesso ai dati di prima parte sarà l’unica strategia per avere successo nel digital marketing.
Un esempio che questa trasformazione è già in atto, Google ha ufficializzato il 24 maggio 2022 nel Google Marketing Live 2022 che Google Ads già integra la Privacy Sandbox, una tecnologia che consente pubblicità mirata basata su consenso e interessi (Topics) integrata lato browser su una manciata di interessi individuati sulla base della cronologia di navigazione degli ultimi 7 giorni, oppure dal fingerprint, ovvero tutte le informazioni tecniche (dimensioni schermo, plugins presenti, software installato, orologio, sistema operativo, connessioni wireless attive) che è possibile recuperare da ciascun device.
Utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Lo facciamo per migliorare l'esperienza di navigazione e per mostrare annunci (non) personalizzati. Il consenso a queste tecnologie ci consentirà di elaborare dati quali il comportamento di navigazione o gli ID univoci su questo sito. Il mancato consenso o la revoca del consenso possono influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.